Gli europei dovranno farsene una ragione: i problemi fondamentali della zona euro non sono finiti. A maggio il piano di salvataggio ha permesso di evitare un fallimento immediato della Grecia e il dissolvimento della zona euro. Ma oggi i differenziali dei tassi di interesse sono di nuovo al massimo.
L'accelerazione temporanea della crescita della zona euro nel secondo trimestre ha rilanciato i mercati finanziari, ma è ormai evidente che è stato un fenomeno passeggero. Il pil di tutti i paesi "periferici" della zona euro è in contrazione (Spagna, Irlanda e Grecia) o in aumento molto modesto (Italia e Portogallo).
Anche l'attuale successo della Germania è tutt'altro che solido e le misure di stimolo all'economia si sono trasformate in un programma di austerità, cosa che rischia di frenare la crescita. Inoltre sono terminate le riduzioni delle scorte, così come le altre misure di sostegno alla domanda (come gli incentivi alla rottamazione).
Il rallentamento della crescita globale – e il rischio reale di una ricaduta di Stati Uniti e Giappone – limiterà la crescita delle esportazioni, anche in Germania. Per gli altri paesi "periferici" della zona euro, i problemi fondamentali rimangono inalterati: disavanzo di bilancio e alti livelli di indebitamento, enormi deficit delle partite correnti e debiti del settore privato, perdita di competitività e così via.
Questo è il motivo per cui la Grecia è insolvente ed è inevitabile una ristrutturazione del suo debito pubblico. Sempre questo è il motivo per cui Spagna e Irlanda hanno seri problemi e anche l'Italia – anche se ha un bilancio relativamente più in salute – non dovrà lesinare i suoi sforzi.
Le misure di austerità implicano nel breve periodo forti pressioni recessive e deflazionistiche. Di conseguenza la Germania dovrebbe compensarle con un politica monetaria espansiva e un rilancio della sua domanda interna. Ma né la Banca centrale europea né il governo tedesco vogliono sentirne parlare, nella speranza che i buoni dati del pil si confermino da soli.
Il resto della zona euro non va molto meglio: in Francia l'economia è decisamente anemica. La disoccupazione supera il 9 per cento, il deficit di bilancio è all'8 per cento del pil (superiore a quello dell'Italia) e il debito pubblico è in forte aumento. Nicolas Sarkozy, arrivato al potere con la promessa di grandi riforme strutturali, si trova oggi indebolito anche all'interno del suo partito e ha perso le elezioni regionali in favore della sinistra (unico caso in Europa).
Inoltre l'avvicinarsi della sfida con il candidato del Partito socialista – probabilmente Dominique Strauss-Kahn – in occasione delle elezioni presidenziali del 2012, spingerà probabilmente Sarkozy a rimandare le misure di austerità in favore di riforme di poca importanza.
Il primo ministro belga Yves Leterme sembra incapace di mantenere l'unità del suo paese; Angela Merkel è indebolita all'interno della sua stessa coalizione e molti dirigenti europei si trovano a dover fare i conti con una dura opposizione politica: Berlusconi in Italia, Zapatero in Spagna, Papandreou in Grecia. Per di più la tendenza al nazionalismo in Europa si traduce in violente reazioni xenofobe e nell'affermazione dell'islamofobia e dell'estrema destra.
Tutto ciò indebolisce una zona euro che ha bisogno di piani di austerità, di riforme strutturali e di politiche macroeconomiche e finanziarie appropriate. Per questo motivo ritengo che la zona euro, anche se dovesse riuscire a salvarsi, dovrà comunque affrontare anni molto difficili. (traduzione di Andrea De Ritis)
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