Analisi Cas Mudde | L'Europa nel 2024

Le elezioni più importanti dell’anno in Europa? Sono negli Stati Uniti 

Il 2023 ha segnato un cambio di regime in Polonia, altri paesi hanno visto l’ascesa di partiti populisti e di estrema destra. Come osserva il politologo Cas Mudde, nel 2024 questa tendenza continuerà: in primavera in Europa si terranno elezioni decisive, mentre negli Stati Uniti non si può escludere un ritorno di Donald Trump. Con conseguenze disastrose per l’Ue.

Pubblicato il 3 Gennaio 2024 alle 12:26
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Le elezioni polacche hanno rappresentato solo una breve tregua. Per alcune settimane i media internazionali hanno celebrato la Polonia per averci “mostrato come battere il populismo”, dove “populismo” è l’eufemismo usato dai media centristi per indicare l’estrema destra. Ma i politici olandesi evidentemente non hanno imparato la lezione, visto che hanno creato le condizioni perfette per la schiacciante vittoria elettorale di Geert Wilders, appena un mese dopo. 

E così, dopo un breve periodo di speranza, cominciamo un altro anno all’ombra dell’estrema destra, che domina i titoli dei giornali e detta l’agenda politica.

Eppure il 2023 è stato per molti versi un anno come tanti in termini di politica europea. L’Unione europea è riuscita a tenere unito il suo fronte filo-ucraino, soprattutto concedendo ai dissidenti deroghe a varie misure (tra cui le sanzioni), e si è resa ancora più irrilevante in Medio Oriente con le sue risposte contraddittorie e disorganizzate alle brutali rappresaglie di Israele al raccapricciante attacco di Hamas del 7 ottobre. 

In superficie, alcuni (presunti) successi: una spinta ai negoziati per l’adesione di Moldova e Ucraina e l’approvazione di un nuovo “piano di crescita” da 6 miliardi di euro per accelerare l’adesione sospesa dei Balcani occidentali.

In termini di politica nazionale, nel 2023 non sono emerse chiare tendenze elettorali o politiche, e la maggior parte dei paesi si è barcamenata come ha potuto. I governi di Francia e Germania hanno continuato a perdere consensi, trovandosi a dover affrontare le sfide  dell’estrema destra, mentre la maggior parte degli altri grandi paesi sono per lo più concentrati verso l’interno: il nuovo governo polacco avrà difficoltà a liberare il paese dal PiS, Giorgia Meloni, con gran parte del programma economico abbandonata o attenuata, sta cercando di tenere insieme la sua coalizione, e Pedro Sánchez ha messo a segno una magistrale rimonta politica, ma la sua nuova e fragile coalizione subirà gli effetti del caro prezzo che ha dovuto pagare per ottenerla: un accordo di amnistia molto controverso e impopolare.

Guardando all’Ungheria, la spina nel fianco dell’Europa, quest’anno Viktor Orbán è diventato ancora più isolato. Avendo perso il veto vitale dei suoi alleati polacchi di Diritto e Giustizia (PiS), ora dipenderà da Meloni o dal Primo ministro slovacco Robert Fico per la protezione dalle sanzioni dell’Ue; ma entrambi hanno contatti meno stretti e meno interesse a scagionare l’Ungheria. 

Sarà quindi interessante vedere come Orbán utilizzerà la presidenza dell’Ue, che dovrebbe passare all’Ungheria per la seconda metà del 2024: potrebbe cercare di accelerare l’adesione dei Balcani occidentali, portando così alcuni dei suoi alleati nell’Unione, ma probabilmente farà leva soprattutto sul suo potere (di ostruzione) per sbloccare più fondi e attenuare le critiche dell’Ue alla sua “cleptocrazia autoritaria”.

I 27 si affacciano quindi a questo anno elettorale con la loro coesione interna ancora intatta, anche se rattoppata, e la loro reputazione internazionale a un nuovo minimo storico. In cima all’agenda elettorale ci sono ovviamente le elezioni europee, che si terranno dal 6 al 9 giugno in tutti gli stati membri. Con l’estrema destra che domina la scena nei media e in molti sondaggi, e con il Partito popolare europeo (Ppe) che ha “virato a destra”, possiamo aspettarci che il Parlamento europeo diventi più apertamente conservatore, dopo che le elezioni del 2019 avevano già “spostato il centro” in quella direzione.


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Sebbene i sondaggi di POLITICO mostrino pochi cambiamenti nell’ultimo anno nella distribuzione dei seggi tra i diversi gruppi al Parlamento Ue, con solo lievi spostamenti rispetto ai risultati del 2019, queste previsioni presentano due lacune. In primo luogo, entreranno al Parlamento un numero significativo di nuovi partiti, non ancora schierati con i gruppi esistenti (attualmente stimati in 41 su un totale di 710 seggi). In secondo luogo, i diversi gruppi possono ancora cambiare in numero e contenuto. 

Per esempio si vocifera che il Ppe stia corteggiando Meloni e Fratelli d’Italia (FdI), mentre i problemi elettorali del presidente francese Emmanuel Macron e del suo partito Lrem, e le divisioni interne su

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