Grandi inchieste Inchiesta sulla finanza verde europea | Parte prima

La finanza verde “made in Europe” che premia la deforestazione in Indonesia: il caso Michelin

Ideata per sostenere progetti di sviluppo sostenibile, la finanza verde non è sempre così “pulita” come vogliono far credere i suoi protagonisti. Un progetto certificato ecologico è accusato di aver contribuito alla distruzione di una foresta pluviale e di aver tratto in inganno investitori eco-responsabili. Prima parte di una lunga inchiesta nella quale solleviamo il velo su una vasta operazione di greenwashing condotta in Indonesia da Michelin, leader mondiale dei pneumatici.

Pubblicato il 9 Novembre 2022 alle 15:26

Introduzione

La corsa all’oro verde

Nella lotta contro il riscaldamento globale e le sue conseguenze, la finanza verde e sostenibile appare un alleato formidabile. Investire in progetti ecologici piuttosto che in combustibili fossili è un'opportunità che risponde alle richieste sempre più pressanti dell'opinione pubblica e di alcuni investitori.

Non sorprende quindi che un numero sempre maggiore di aziende vi ricorra per sviluppare la propria attività, spinte da un vero e proprio approccio etico ed ecologico e/o desiderose di poterlo usare nella propria comunicazione.  

Nata negli anni 2010 e formalizzata con l'adozione dell'Accordo sul clima di Parigi nel 2015 (la data è importante e ci torneremo), la finanza verde riunisce un gran numero di strumenti, mezzi e attori, con un'infinità di sigle e meccanismi più o meno chiari (o oscuri), a seconda dei casi.

Abbiamo cercato di rendere accessibili e comprensibili le informazioni che seguono, ma l'argomento rimane impegnativo. La buona notizia è che quando la lettrice e il lettore arriveranno alla fine di questa inchiesta, avranno un’opinione un po’ più chiara sulla finanza verde. 

Veniamo ora a Michelin. Tra le aziende europee che si vantano di aver attuato una politica "sostenibile", il gigante mondiale dei pneumatici sottolinea il suo impegno per una "gestione responsabile e sostenibile dell'industria della gomma (coltivazione degli alberi della gomma) [...] la sua ambizione di 'deforestazione zero' e il suo impegno a proteggere la biodiversità". In questo modo, il gruppo può affermare agli azionisti e ai clienti che i suoi pneumatici in gomma naturale sono più ecocompatibili di quelli della concorrenza.

Il fiore all'occhiello di questa politica ambientale sulla gomma naturale sostenibile è il progetto Royal Lestari Utama (RLU) in Indonesia – una joint venture tra Michelin e il suo partner locale Barito Pacific creata nel 2015. 


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Il progetto viene presentato nei video commerciali come la "success story” per eccellenza: piantare alberi della gomma per riforestare aree devastate dal disboscamento illegale, creare occupazione locale, proteggere la flora, la fauna, gli elefanti, gli oranghi e le tigri. Il tutto con il coinvolgimento del World Wildlife Fund (WWF), il patrocinio del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP) e il sostegno dell'Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID), che lo hanno presentato come modello di catena del valore sostenibile.

Dopo un primo e allarmante rapporto della Ong ambientalista Mighty Earth nel 2020, l'inchiesta condotta da Voxeurop per oltre un anno e mezzo con i nostri partner del settimanale Tempo di Giacarta mostra i limiti di questa operazione finanziata da "green bond" commercializzati dalla banca francese BNP Paribas per 95 milioni di dollari. Dagli ovattati uffici europei alle foreste indonesiane, passando per le sale delle vendite di Singapore, i nostri reporter hanno esaminato documenti, relazioni e corrispondenze, intervistando i principali attori delle aziende interessate, le Ong e le comunità locali. Il quadro che emerge è ben lontano da quello idilliaco che è stato venduto agli investitori europei.

Area disboscata nella concessione LAJ a Jambi, Sumatra, febbraio 2022 Foto: Tempo 

Lo scorso giugno, l'acquisizione da parte di Michelin del 100 per cento della joint venture Royal Lestari Utama ha portato due mesi dopo al rimborso anticipato dei green bond distribuiti da BNP Paribas, con oltre 10 anni di anticipo rispetto alla scadenza prevista. Gli investitori, quindi, non hanno più voce in capitolo. Saranno però probabilmente interessati a conoscere le effettive conseguenze dell'operazione che hanno contribuito a finanziare.

Al di là degli attori direttamente interessati da questa vicenda e del suo impatto sulle popolazioni locali e sulla biodiversità, la nostra inchiesta solleva anche il velo sui problemi strutturali dell’ancora giovane industria della finanza verde: l'opacità dei meccanismi di certificazione, gli impegni volontari non vincolanti, l'assenza di verifiche indipendenti e il clamore che circonda i progetti che si vorrebbero emblematici di un'economia sostenibile.

L’inchiesta evidenzia i problemi creati dalla mancanza di una regolamentazione più efficace a livello europeo per una transizione verde che abbia un impatto reale sulla biodiversità e sulla crisi climatica, soprattutto quando le multinazionali europee operano lontano dai nostri confini. L'Unione europea ha affrontato la questione e sta lavorando a un regolamento sui green bond, che però non entrerà in vigore prima del 2023 e a uno sui prodotti provenienti o legati alla deforestazione, anch'esso in fase di approvazione.


Capitolo 1

AAA vendonsi obbligazioni “verdi” 

Ufficialmente, questa storia comincia il 14 dicembre 2014, quando Michelin acquista il 49 per cento di Royal Lestari Utama (RLU), un'azienda agroforestale di proprietà del conglomerato indonesiano Barito Pacific Group. Il gruppo è stato fondato ed è guidato dal ricco uomo d'affari Prajogo Pangestu, soprannominato il "re del legname" dell'Indonesia. 

Secondo il rapporto di Mighty Earth citato in precedenza, il gruppo ha un passato legato alla deforestazione, accaparramento di terre, disboscamento illegale ed evasione fiscale offshore, attraverso una complessa rete di società di legname, pasta di legno e olio di palma.

Mentre Michelin è presente in Indonesia almeno dal 2004, la joint venture con Barito Pacific, formalizzata all'inizio del 2015, gode del sostegno politico del governo indonesiano. L’accordo ha grandi ambizioni: contribuire in modo sostenibile a circa il 10 per cento della fornitura globale di gomma naturale per Michelin, affidandosi alle comunità locali per la produzione commerciale e per la protezione dell'ecosistema. Il progetto coinvolge diversi siti nelle province di Jambi (isola di Sumatra) e East Kalimantan (isola del Borneo).

Paesaggio nella provincia di Jambi Foto: Cifor 

Michelin si tinge di verde

Per rafforzare la credibilità del suo progetto di produzione di gomma "verde", Michelin decide di coinvolgere il WWF nel progetto con Barito Pacific, prima di cooptarlo nella Global Platform for Sustainable Natural Rubber (GPSNR), creata dalla stessa Michelin nel 2018.

"Ci siamo battuti a lungo per fermare la deforestazione a Sumatra, mettendo in evidenza la deforestazione perpetrata da aziende come Barito Pacific Group [...], quindi quando alla fine del 2014 si è presentata l'opportunità [...] di influenzare quello che sarebbe diventato il progetto Royal Lestari Utama, l'abbiamo vista come una preziosa occasione [...] per una svolta", dichiara a Voxeurop un portavoce del WWF, che vuole rimanere anonimo; "Abbiamo collaborato con Michelin [...] per trasformare il mercato della gomma naturale, ridurre l'impronta ambientale globale dell'azienda e preservare gli ecosistemi prioritari".

Va detto che Michelin si sta impegnando a fondo per rendere più ecologiche le sue attività e la sua immagine nel mondo: il gruppo ha ricevuto il punteggio più alto per la responsabilità sociale e ambientale d'impresa tra tutte le aziende controllate in base alla legge francese sul dovere di vigilanza. L'azienda si è inoltre impegnata a realizzare una tabella di marcia per la biodiversità entro il 2030 e ha pubblicato i dati relativi all'impatto delle sue attività sul cambiamento climatico.

È con questo lodevole spirito che Michelin incoraggia anche Barito Pacific a diventare più verde. Nel marzo 2015, le due aziende firmano un impegno di non deforestazione: la futura espansione delle concessioni di gomma di RLU sarà possibile solo su terreni aperti, nel rispetto degli habitat della fauna selvatica.

Video promozionale dell'attività di Michelin in Indonesia.

Un progetto traballante salvato in corner dai green bond

Al momento della firma, Michelin punta ad aumentare la produzione nelle concessioni di Barito da 0,7 a 1,8 tonnellate di gomma naturale per ettaro. L'obiettivo annuale è di circa 80mila tonnellate all'anno. Tre quarti di questa produzione sono destinati alle fabbriche indonesiane che riforniscono Michelin attraverso la sua filiale di fornitura, la Société des Matières Tropicales (SMPT), mentre il resto è destinato ad acquirenti esterni.

Insieme, i due azionisti di RLU puntano su un piano aziendale di 23 anni, che va fino al 2040. Le due aziende stanno investendo complessivamente 100 milioni di dollari (compresi i 55 milioni di dollari che Michelin, a seguito di una ricapitalizzazione successiva, avrà versato) nella joint venture. Una somma che si rivelerà inferiore a quella necessaria per sostenere il loro rischioso progetto, poiché il calo dei prezzi della gomma nel 2015 ridurrà le loro previsioni di profitto.

Luc Minguet, ex membro del consiglio di amministrazione di Royal Lestari Utama, conferma a Voxeurop che "inizialmente il progetto doveva essere finanziato dalle banche. Tuttavia, nonostante il coinvolgimento del WWF, nessuna banca tradizionale ha accettato di finanziarlo, non ritenendolo sufficientemente redditizio” (1)

Alex Wijeratna, direttore senior di Mighty Earth, concorda: "La due diligence delle banche avrebbe dovuto evidenziare la massiccia deforestazione, i rapporti sui conflitti con le comunità locali e le accuse di accaparramento di terre durante la fase preliminare del progetto di RLU a Jambi. Molto probabilmente, questi elementi avrebbero spinto le banche a rifiutare di finanziarlo". Appena creato, il progetto sembra faticare a decollare.

Fortunatamente per Michelin, nell'ottobre 2016 si presenta un'occasione d'oro per salvare la joint venture: la banca francese BNP Paribas ha appena fondato la Tropical Landscapes Finance Facility (TLFF), con il supporto e la supervisione ambientale del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP). Approvata dal governo indonesiano e con sede nella capitale Giacarta il TLFF si descrive come una piattaforma di finanziamento innovativa per progetti commerciali legati all'Accordo sul clima di Parigi (appena firmato nel 2015, ci torneremo) e agli obiettivi di sviluppo sostenibile.

"Se non convinciamo il settore privato – attraverso prospettive di profitto – a guardare alla produzione in modo diverso, non cambierà nulla", spiega a Voxeurop una fonte che lavora per Asia Debt Management (ADM Capital), una società di investimenti con sede a Hong Kong, e che ha voluto rimanere anonima. In qualità di co-fondatore della TLFF, insieme alle Nazioni Unite e a BNP Paribas, ADM Capital è responsabile di garantire che i progetti finanziati soddisfino specifiche condizioni di rendimento.

Satya Tripathi è l’ex segretario generale della TLFF, che ha fondato all’epoca in cui era direttore dell'ufficio indonesiano del programma delle Nazioni Unite per la riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado forestale (UN-REDD), ed è attualmente segretario generale di Global Alliance for a Sustainable Planet. Racconta a Voxeurop che nel novembre 2016,  poche settimane quindi dopo il suo lancio, Michelin e il suo partner indonesiano Barito Pacific hanno contattato il TLFF. Conformemente al suo obiettivo dichiarato – “sbloccare i finanziamenti privati [...] che riducono la distruzione e il degrado delle foreste ripristinando i terreni degradati” – la TLFF era alla ricerca di un primo progetto emblematico per attrarre investitori ecoresponsabili. La candidatura di Royal Lestari Utama arriva quindi al momento giusto: un’opportunità ghiotta per tutte le parti interessate.

Al termine di un processo di certificazione la cui condotta, trasparenza e sincerità solleva molti interrogativi (vedi al capitolo 2 della nostra inchiesta), la TLFF chiude nella primavera del 2018 la sua operazione pilota (TLFF I) di emissione di obbligazioni a lunga scadenza per un importo di 95 milioni di dollari, per "contribuire a finanziare una piantagione di gomma naturale sostenibile [...] in due province dell'Indonesia" (2).

BNP Paribas commercializza le obbligazioni verdi emesse dalla TLFF, che utilizza i proventi per concedere un prestito a Royal Lestari Utama. Questo prestito dovrebbe consentire alla joint-venutre indonesiana di investire per aumentare i rendimenti delle sue piantagioni e quindi la redditività finanziaria delle obbligazioni. Il cerchio è chiuso. BNP Paribas e ADM Capital (3) ricevono una bella commissione.

I partner, investitori e consulenti di Royal Lestari Utama| Fonte : Mighty Earth

Immaginiamo ora un eco-investitore europeo al volante della sua auto elettrica equipaggiata con pneumatici Michelin che rilegge mentalmente il prospetto (4) di BNP Paribas che lo ha convinto a investire  in green bond: "Questo paesaggio un tempo verde, negli ultimi hanno ha subito una grave deforestazione"; “gli investitori hanno già piantato circa 18.076 ettari di alberi della gomma prima di dicembre 2017"; “[prevedono] di rigenerare [...] zone boschive naturali, fornendo un habitat a tigri, elefanti e oranghi" e "cattura e sequestro della CO2 attraverso lo sviluppo di piantagioni di alberi della gomma". Il suo denaro lotta quindi attivamente contro il cambiamento climatico e gli offre una prospettiva di guadagno. Cosa chiedere di più?

Disboscare e poi "riforestare" con i green bond

La storia sembra perfetta, ma non finisce qui. E poi, come rivela la nostra indagine, la vicenda non è neppure cominciata nel 2014 con una stretta di mano tra Michelin e Barito Pacific, ma diversi anni prima.

La firma della joint venture arriva a pochi mesi dalla fine di una vasta operazione di disboscamento cominciata nel 2010 da una delle filiali di Royal Lestari Utama, Lestari Asri Jaya(LAJ), nella provincia di Jambi (isola di Sumatra), alle porte del parco nazionale di Bukit Tigapuluh. Michelin era pienamente consapevole di questa deforestazione (vedi al Capitolo 2) quando ha avviato con Barito Pacific le discussioni che hanno portato all'accordo del 2014,  e quindi ben prima di cercare di far finanziare le sue piantagioni di gomma con i green bond, sotto la voce “riforestazione”.

Gli uomini di Michelin hanno, infatti, visitato la concessione di LAJ diverse volte dal 2013, anno in cui  è stata avviata la partnership strategica con Barito Pacific (5). Ma mentre l'azienda francese conduce indagini sul campo e negozia il suo accordo con il conglomerato indonesiano, nelle concessioni di proprietà della RLU nella provincia di Jambi, i bulldozer di un'azienda di proprietà del suo partner sono al lavoro per sostituire la vegetazione lussureggiante con alberi della gomma. Queste operazioni hanno avuto luogo principalmente nella concessione Lestari Asri Jaya, ma anche nella vicina e più piccola concessione Wanamukti Wisesa (WMW) (6).

Quello che gli investitori non sanno, quindi, è che una parte notevole delle piantagioni di alberi da gomma definiti  “sostenibili” e sovvenzionate dai fondi raccolti dalla piattaforma delle Nazioni Unite e di BNP Paribas, sono in realtà sorte sulle ceneri di alberi abbattuti dalle filiali di Royal Lestari Utama a Jambi, prima della joint venture Michelin-Barito Pacific.

L'equivalente di oltre 8mila campi da calcio di foresta abbattuti prima del 2015

In vista dell'accordo di joint venture con Barito, Michelin ha commissionato una verifica alla società di consulenza ambientale no-profit TFT con sede nel Regno Unito (che oggi è una fondazione con sede in Svizzera, Earthworm). 

Secondo i risultati di questo studio, che Michelin non ha voluto rendere pubblico (vedi al capitolo 2) e di cui Voxeurop ha ottenuto una copia, Royal Lestari Utama ha disboscato circa 3.500 ettari di foresta nella concessione Lestari Asri Jaya tra il 2012 e il 2014. Questi calcoli, basati sui piani operativi annuali di Lestari Asri Jaya, sono ampiamente sottostimati.

Una stima che si avvicina più alla realtà è emersa solo di recente, poco prima che Michelin completasse il rimborso dei cosiddetti green bond nell'agosto 2022.  

L'ultimo rapporto indipendente sullo stato ambientale della concessione Lestari Asri Jaya, pubblicato nel maggio 2022 da Remark Asia e Daemeter Consulting cita dati ufficiali del governo indonesiano: tra il 2011 e la fine del 2014, l'azienda ha convertito 5.782 ettari di foresta in piantagioni di gomma – l'equivalente di quasi 8.260 campi da calcio.

Questo dato è molto più basso di quello fornito da Leo Bottrill, AD dell'azienda di tecnologia geospaziale MapHubs e il primo ad attirare l'attenzione del pubblico sulla questione. I suoi calcoli sono stati inclusi dalla ong Mighty Earth nel rapporto di ottobre 2020 (e in quello del 2021). 

Bottrill ha condiviso con Voxeurop una mappa aggiornata (mappa 1) che stima che un'area totale di 8.468,46 ettari sia stata deforestata da RLU all'interno delle concessioni Lestari Asri Jaya e WMW nella provincia di Jambi prima della joint venture del 2015. A oggi, le piantagioni di gomma non hanno ancora coperto l'intera area disboscata dalla società (mappa 2).

La conclusione che si può trarre da questi dati è che una parte importante delle piantagioni di gomma finanziate dai green bond si trova in un'area disboscata da Royal Lestari Utama nella provincia di Jambi prima che Michelin ne diventi azionista, nel dicembre 2014 – deforestazione di cui l'azienda francese era pienamente consapevole, stando alla nostra inchiesta.

In effetti, secondo il rapporto di sostenibilità 2020 di RLU, i green bond hanno finanziato i primi 19mila ettari di alberi della gomma piantati dal 2008 (e che, fino al 2014 si trovavano per la maggior parte nella provincia di Jambi, a Sumatra, e per il resto in quella di East Kalimantan, a Borneo. La superficie deforestata contenuta nel rapporto di Daemeter Consulting e da Bottrill rappresentano, in media, un terzo di questi 19mila ettari.

Mappa 1: Deforestazione industriale compiuta da RLU nel 2009-2015 nelle concessioni LAJ e WMW nella provincia di Jambi. | Fonte: MightyEarth/MapHubs 2022
Mappa 2: Piantagioni di alberi della gomma di RLU nelle zone disboscate dalla società e da contadini locali nelle concessioni LAJ e WMW nella provincia di Jambi. | Fonte: MightyEarth/MapHubs 2022
Disboscamento industriale nella concessione Lestari Asri Jaya

I green bond hanno finanziato la deforestazione?

Il fatto che RLU abbia avuto ricorso a un prestito finanziato dai green bond per continuare a piantare alberi della gomma sul sito di una foresta tropicale appena disboscata solleva molte domande. Inoltre, RLU ha utilizzato un terzo del denaro preso in prestito per rimborsare precedenti prestiti bancari, con i quali aveva finanziato il disboscamento e le piantagioni di alberi della gomma gomma prima che Michelin entrasse in scena. Questo è confermato dal prospetto informativo di BNP Paribas e da altri documenti analizzati da Voxeurop (7) (vedi al capitolo 2).

Si scopre così che circa un terzo della superficie delle piantagioni finanziate dai green bond era già stata deforestata e in parte piantumata con alberi della gomma da RLU grazie a prestiti bancari contratti prima della joint venture con Michelin. RLU ha poi utilizzato un terzo del valore delle obbligazioni per rimborsare questi prestiti.

"In sostanza, sembra che una parte significativa del prestito TLFF di 95 milioni di dollari sia stata utilizzata per coprire le spese sostenute dalla Royal Lestari Utama per disboscare e piantare alberi della gomma in un'area naturale di importanza globale", afferma Alex Wijeratna, direttore senior di Mighty Earth in risposta alle rivelazioni di Voxeurop: "È lecito concludere che gli obbligazionisti hanno inconsapevolmente premiato la distruzione ambientale con circa un terzo del loro investimento".

Un greenwashing “legale”

Nulla di tutto ciò è illegale o preoccupante per un investitore. Nel 2010, Royal Lestari Utama ha ricevuto un permesso governativo per piantare alberi da legno e da gomma per una concessione massima di 60 anni, sulla base di una valutazione di impatto ambientale convalidata nel 2009. L'azienda ha anche ottenuto un certificato di gestione forestale sostenibile dal governo indonesiano (vedi il capitolo 3, di prossima pubblicazione).  

Mappa dello studio di impatto ambientale approvata dal governo indonesiano con, in evidenza, le aree di foresta all’interno delle concessioni LAJ e WMW. | Fonte: elaborazione MapHubs

Ufficialmente, gli investitori avevano quindi il diritto indiscutibile di percepire i proventi della vendita della gomma, compresa quella proveniente dagli alberi coltivati in un'area disboscata industrialmente e dove in passato vivevano elefanti, oranghi e tigri. Tutti e tre gli animali fanno parte della lista rossa delle specie minacciate dell'Unione Internazionale per la conservazione della natura.

Presenza di elefanti (in nero), di organghi (arancione) e di tigri (rosso) nella concessione LAJ nel 2009. | Fonte: MapHubs.
Aree di protezione delle tigri e degli elefanti nella regione del parco nazionale Bukit Tigapuluh. Una delle 20 aree prioritarie mondiali per la protezione delle tigri (linea arancione) e l’habitat degli elefanti (linea nera) coincidono rispettivamente in parte e in toto con le concessioni LAJ. | Fonte: KKI Warsi / Frankfurt Zoological Society / Eyes on the Forest / WWF-Indonesia 

Ma "quale investitore vorrebbe investire in un 'progetto ecologico' che ha deliberatamente sradicato una foresta pluviale incontaminata abitata da popolazioni indigene e nelle quali vivevano tre specie animali emblematiche, e che ha rilasciato enormi emissioni di carbonio, contribuendo al cambiamento climatico?" sbotta Wijeratna. "I clienti di Michelin sarebbero scioccati nel sapere che l'habitat degli elefanti è stato ripulito per coltivare la gomma necessaria alla produzione dei loro pneumatici", aggiunge Leo Bottrill di MapHubs.

Gli investitori rimborsati difficilmente si ribelleranno

Nel febbraio 2022, la stessa TLFF (la piattaforma di finanziamento verde delle Nazioni Unite e di BNP Paribas) ha richiesto il rimborso del prestito, poiché Royal Lestari Utama non aveva rispettato la scadenza annuale per il pagamento degli interessi. La TLFF ha convinto gli obbligazionisti ad accettare la proposta di Michelin di rimborso anticipato (la scadenza era il febbraio 2033). È ipotizzabile che, con la produzione di gomma in difficoltà finanziarie, Barito Pacific abbia offerto a Michelin la piena proprietà di RLU in cambio del saldo dei suoi debiti.  

"Michelin ha d’apprima utilizzato i green bond, nonostante il tasso di interesse piuttosto elevato del prestito, perché non aveva interesse a investire altro proprio denaro in un'azienda che non controllava", nota una fonte ben informata. Questa osservazione sottolinea la natura fondamentalmente commerciale di questa operazione di eco-finanziamento: "Dopo aver assunto il pieno controllo di Royal Lestari Utama, Michelin ha ritenuto più conveniente rimborsare il mutuo e poi prendere in prestito a tassi più bassi sul mercato.  

Ma i protagonisti del progetto vogliono essere rassicuranti nei confronti degli investitori: "nell’ambito dell'acquisto delle azioni di Barito Pacific in Royal Lestari Utama, il gruppo Michelin si impegna a raggiungere gli obiettivi ambientali e sociali di RLU a lungo termine, al di là del rimborso delle obbligazioni TLFF", si legge nel comunicato ufficiale.

ADM Capital (tra i fondatori della TLFF) e  il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, (che ha patrocinato il progetto) hanno per parte loro fatto sapere che manterranno ciascuno un seggio nel comitato consultivo per la sostenibilità ambientale di Royal Lestari Utama, per garantire che verifiche indipendenti accertino la conformità dei progressi compiuti rispetto ai risultati promessi.

I risultati del progetto sono stati valutati annualmente dal 2018 (anno di emissione delle obbligazioni) sulla base di criteri ambientali, sociali e di governance (ASG) che RLU si è impegnata a rispettare, compresi quelli della politica della TLFF. Il rispetto di questi criteri è però del tutto volontario e non può essere imposto dal governo. Il prospetto che accompagna le obbligazioni verdi afferma inoltre che tutti i principi ASG citati "non sono [...] giuridicamente vincolanti per l'emittente o per qualsiasi altra parte", compresa RLU, oggi filiale di Michelin.  

La debolezza degli impegni assunti con l'emissione delle obbligazioni è ora tanto più evidente in quanto gli investitori, dopo essere stati rimborsati per la loro quota, sono fuori gioco: "Meno investimenti esterni ci sono in un progetto, meno trasparente sarà e meno le parti interessate potranno avere voce in capitolo nel suo svolgimento", spiega a Voxeurop un avvocato specializzato in diritto commerciale: "Non so se sia questo il motivo che ha spinto Michelin a riacquistare i green bond, ma la conseguenza è che è molto improbabile che questi obbligazionisti facciano pressione sull'azienda affinché rispettii quanto annunciato inizialmente".

In altre parole, Michelin non è obbligata a generare benefici sociali e ambientali in futuro in cambio del sostegno finanziario ricevuto dalle obbligazioni per compensare la devastazione ambientale causata dal suo partner Barito Pacific in passato.

Il ritiro del WWF dal progetto nel marzo 2020 non lascia presagire una conclusione felice (o verde). "Siamo preoccupati del loro impegno per la conservazione e della loro mancanza di trasparenza", confida un portavoce del WWF, spiegando le ragioni della rottura con Michelin: "Tutte le nostre preoccupazioni sono state trasmesse alle massime autorità della Royal Lestari e alla Michelin affinché intervengano".

Fine del capitolo 1

Nel prossimo capitolo della nostra inchiesta, riveleremo come Michelin e BNP Paribas abbiano nascosto o deliberatamente ignorato le prove della responsabilità di Royal Lestari Utama nella deforestazione prima della joint venture con Barito, al fine di spianare la strada alla certificazione "verde" per consentire il finanziamento del progetto con i green bond.


Note

1) I costi di impianto erano piuttosto elevati (da 5mila a 10mila dollari per ettaro), mentre il prezzo della gomma naturale era già estremamente basso (2 dollari al chilo, sei volte inferiore a quello del 2006). La produzione di gomma raggiungerà grandi volumi solo a partire dal 2022/2023 e ci vorranno altri 20 anni prima che diventi redditizia, supponendo che il prezzo salga almeno a 4 dollari al chilo.

2) Dopo aver sviluppato un meccanismo per soddisfare le esigenze di finanziamento di RLU, da allora la TLFF non ha portato avanti altri progetti di questo tipo.

3) Secondo una fonte che desidera rimanere anonima, BNP Paribas ha ricevuto una commissione fissa pari a circa l'1% del valore della transazione, ovvero circa 950.000 dollari. ADM Capital ha rifiutato di rivelare la propria quota di ricavi.

4) Tecnicamente chiamato Offering Circular, si riferisce alla relazione di certificazione delle obbligazioni di Vigeo Eiris. Per far apparire l'operazione solida rispetto alla media degli investimenti privati, la TLFF ha quotato la certificazione verde, con il relativo prospetto informativo, alla Borsa di Singapore, il principale centro finanziario dell'Asia meridionale, dove si trovano la sede centrale di Barito Pacific e la filiale regionale di BNP Paribas. Vedi al Capitolo 2.

5) Il loro primo accordo riguardava la costruzione di una fabbrica da 435 milioni di dollari per produrre gomma sintetica sull’isola di Giava.

6) Barito Pacific è stata il deus ex machina di questa operazione industriale fin dall'inizio, attraverso una struttura societaria opaca e simile a scatole cinesi.  Sebbene siano state formalmente rilevate da Royal Lestari Utama rispettivamente nel 2011 e nel 2014, Lestari Asri Jaya e Wanamukti Wisesa erano indirettamente di proprietà di Prajogo Pangestu sin dal 2008, anno in cui ha assunto il controllo di RLU. 

7) Un'analisi più approfondita del prospetto informativo di BNP Paribas rivela che il prestito TLFF, finanziato con 95 milioni di dollari in obbligazioni, è stato in gran parte destinato alla componente commerciale del progetto (compresi i "costi diretti e indiretti" e le "spese essenziali di piantagione"). RLU ha rifiutato di fornire una ripartizione precisa di queste spese. Tuttavia, il prospetto informativo cita i bilanci di RLU, che includono sia le spese relative allo sviluppo della produzione di gomma tra il 2011 e il 2016, sia gli interessi sui mutui erogati dalla Bank Negara Indonesia (BNI), una banca statale indonesiana, per finanziare le operazioni. L'importo totale è di 36 milioni di dollari, pari a poco più di un terzo del valore delle obbligazioni (95 milioni di dollari). Nel suo audit ambientale del giugno 2017, USAID afferma che "il prestito [fornito dalla TLFF] sarà utilizzato [...] come swap del debito rispetto a un prestito esistente con [...] Bank Negara Indonesia". Il rapporto di certificazione di Vigeo Eiris afferma che "il 33 per cento" del prestito della TLFF a RLU sarebbe stato utilizzato per rimborsare BNI e conferma che i mutui di BNI "sembrano essere stati utilizzati principalmente per la piantagione" (che include il disboscamento del terreno).

👉 Glossario e metodologia
👉 Capitolo 2: Come un progetto controverso è diventato il fiore all'occhiello della finanza verde europea

Il lavoro sul campo in Indonesia del nostro media partner Tempo è stato sostenuto da una sovvenzione della Global Initiative Against Transnational Organized Crime. L'inchiesta ha anche ottenuto il sostegno di Environmental Reporting Collective
Il lavoro sul campo in Indonesia del nostro media partner Tempo è stato sostenuto da una sovvenzione della Global Initiative Against Transnational Organized Crime. L'inchiesta ha anche ottenuto il sostegno di Environmental Reporting Collective, Journalismfund.eu e Mediabridge.

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