Opinione Istruzione in Bielorussia

Addio paese dei geni della tecnologia: la Bielorussia e il lavoro forzato per gli studenti

Il regime di Aljaksandr Lukašenka privilegia il controllo sull'istruzione per trattenere gli specialisti, imponendo un lavoro obbligatorio dopo la laurea: unamoderna forma di servitù della gleba per servire le esigenze dello stato. L'accento è posto sull'obbedienza, non sulle aspirazioni individuali o su un'economia basata sulla conoscenza, afferma l'editorialista Igor Lenkević.

Pubblicato il 15 Novembre 2023 alle 18:23

È ormai chiaro che lo stato ha deciso di finirla con l'idea di una nazione al passo con i tempi. La qualità dell'istruzione e il livello di conoscenza impartito agli studenti nelle scuole e nelle università in Bielorussia saranno sacrificati alle esigenze a breve termine del regime di Aljaksandr Lukašenka.

"Dopo l’incontro di oggi non dovrebbero essere prese decisioni fondamentali": così Lukašėnka ha avviato la conversazione con un gruppo di burocrati della sfera educativa e degli organi di controllo dello stato a fine settembre. Tuttavia, data la situazione del paese, si è rivelato impossibile evitare misure cardinali. Uno dei temi principali dell'incontro è stato l'arruolamento dei laureati.

Il motivo è sotto gli occhi di tutti e nessuno ha cercato di nasconderlo:  "Gli esperti più avanzati e di alto livello se ne vanno", ha dichiarato il “sovrano” della Bielorussia. Questo è "inaccettabile per il paese", ha aggiunto.

Secondo Lukašėnka, la colpa è del sistema. Ma non è il sistema a cui state pensando. Non è il sistema di potere, di gestione dello stato e di decisione che opera in Bielorussia da quasi trent'anni, all'interno del quale molti cittadini non riescono a vedere un futuro. No, è il sistema eccessivamente "liberale" di assegnazione dei posti di lavoro ai laureati che è responsabile della fuga dei cervelli: "hanno ottenuto la laurea, non fanno nulla per pagare il loro debito con lo stato e lasciano il paese".

Gli studenti che ricevono un sostegno finanziario dal governo sono oggi tenuti a trascorrere due anni dopo la laurea in un posto assegnato dalle autorità. Ma questo non basta, occorre fare di più. In futuro i lavoratori dovranno essere legati in maniera più stretta al loro posto di lavoro. E questo varrà non solo per coloro che ricevono fondi statali, ma anche per coloro che si pagano da soli l'università. 

Lukašėnka ha dato istruzioni e citato cifre precise che ovviamente costituiranno la base dei "decisioni non fondamentali" che verranno adottate. Secondo le sue parole dovranno essere adottate misure "obbligatorie o semi-obbligatorie". 


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Il periodo di lavoro obbligatorio potrebbe essere di cinque anni. Per gli studenti mandati a studiare da un ente pubblico o da un'organizzazione privata la durata potrebbe essere di sette anni. E che anche gli studenti autonomi siano costretti a lavorare per un periodo in un posto di lavoro assegnato dallo stato. Tutte le modifiche necessarie al Codice di diritto dell'istruzione sono in corso di elaborazione.  

Quindi quello che abbiamo è una moderna forma di servitù della gleba adattata alle esigenze del regime al potere. Gli effetti a lungo termine sono abbastanza chiari: pochissimi saranno in grado di permettersi di pagare la compensazione richiesta dallo stato per evitare l'assegnazione obbligatoria del posto di lavoro. La stragrande maggioranza dei giovani esperti appena laureati sarà costretta ad andare a lavorare ovunque lo stato ritenga necessario.

Poi subentra la semplice aritmetica: ci si laurea a 22 o 23 anni. Aggiungete cinque (o fino a  sette) anni di tirocinio obbligatorio. A quel punto i laureati avranno più di 30 anni, magari avranno una famiglia e un paio di figli. E magari un mutuo. Diventa molto più complicato trasferirsi altrove. Naturalmente alcuni potranno farlo. Ma non tutti. E lo stato ci guadagna. 

Invece di offrire aiuti economici per attirare le persone nelle zone del paese in cui sono necessarie, lo stato può ricorrere a un metodo semplice ed economico: la schiavitù da debito. Chi si preoccuperà poi di come accedere all'istruzione superiore, chi se ne importa di come si fa, quando d'ora in poi nessuno vorrà più farlo. Il nuovo slogan del sistema educativo bielorusso è: "Datti alla schiavitù e ottieni una laurea".

Una delle conseguenze sarà di scoraggiare in tanti ad andare all’università, per evitare questa sorta di lavoro forzato che ne consegue. Questo è quello di esattamente ciò di cui lo stato ha bisogno, pare. C'è carenza di personale nelle fattorie, andate a lavorare lì. Senza istruzione superiore e per pochi spiccioli.

La direttrice di una delle scuole di Minsk, presente alla "conversazione", ha affermato che è giunto il momento di dissuadere i genitori dall'idea che l'istruzione superiore sia essenziale. È vero: in molta saggezza c'è molto dolore. Abbiamo prodotto una generazione di persone che pensano, e nel frattempo non c'è più nessuno che si occupa di dare una bella lavata alle mucche.

Ma anche questo non basta. Gli esperti devono ricevere una formazione che li renda inutili al di fuori della Bielorussia. Il procuratore generale del paese, Andrei Shved, è indignato per il numero di ore dedicate all'insegnamento dell'inglese nelle scuole: "Stiamo formando una forza lavoro per l'Occidente?". Addio, dunque, terra di esperti tecnologici. Non abbiamo bisogno dell'inglese. Non abbiamo bisogno del mondo globale o dell'economia digitale.

Non dobbiamo tergiversare su quale sia l'obiettivo principale: il regime non ha bisogno solo di specialisti, ma di una forza lavoro speciale per particolari imprese del settore statale. Non per le imprese private, ma per il settore statale. Agli studenti di oggi e del futuro non verrà insegnato ciò che pensano sarà utile per loro in futuro, ma ciò che è richiesto da un'economia nazionale che non può in alcun modo essere definita avanzata.


Addio, dunque, terra di esperti tecnologici. Non abbiamo bisogno dell’inglese. Non abbiamo bisogno del mondo globale o dell’economia digitale


Le parole di un giornalista di uno dei canali televisivi di stato sono indicative: "L'istruzione è la fonte dello sviluppo, di un'economia di successo, di un'ideologia consolidante e infine della vitalità dello stato". Questa è l'essenza stessa delle aspettative del regime: tutto per le esigenze dello stato. 

Non una parola sulle speranze e le aspirazioni individuali delle persone, in base alle quali vivranno e lavoreranno domani e tra 20-30 anni. Il compito dell'istruzione è quello di "lavare i cervelli" e mandare nel mondo degli ingranaggi obbedienti e poco esigenti, pronti a lavorare in qualche impresa agricola o industriale. Allo stato non interessa altro.

E c'è un'altra cosa che va di moda in questo momento: l'idea che gli studenti  debbano abituarsi al lavoro manuale. La scuola ha bisogno di qualche miglioramento? Che lo facciano i bambini. "Ci saranno aree in cui sarà necessario dare una mano di vernice fresca, sostituire le finestre o le porte, pulire il cortile. I bambini devono partecipare a tutti questi lavori". È giusto, dopo tutto, i bambini non vanno a scuola per imparare, no? Vanno per imparare a tenere correttamente una vanga. O un martello. In modo che fin da piccoli si abituino a come sarà il loro futuro.

Ci dicono da tempo che nessuno da nessuna parte ha bisogno dei bielorussi. Sono necessari solo nel loro paese. Ora sono passati dalle parole ai fatti: con la qualità dell'istruzione di cui si parla ora, i nostri figli non saranno davvero richiesti da nessuna parte del mondo. E questo sarà un enorme vantaggio per lo stato; schiavizzare le persone e farle lavorare per pochi spiccioli è molto più semplice quando l'unico posto in cui possono trovare un posto è casa propria. 

Ciò di cui il regime ha bisogno non è un’"economia della conoscenza", ma un’"economia dell'obbedienza". Questo è esattamente ciò in cui il regime sta investendo; non gli importa nulla del futuro del paese e delle persone che lo abitano.

👉 L'Articolo originale su Reform

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