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Nella prima parte della nostra inchiesta abbiamo visto come, malgrado le normative europee contro l’impiego di prodotti derivati dal disboscamento abusivo, la soia proveniente da aree a rischio deforestazione in Argentina continuino ad arrivare in Europa. In questa seconda parte vedremo come le società agroalimentari del Vecchio continente e i produttori di prestigiosi marchi come il Parmigiano Reggiano e il prosciutto San Daniele si riforniscono anche di prodotti della soia di provenienza sospetta nascondendosi dietro ai cavilli e alle scappatoie legali della regolamentazione europea e dell’autodisciplina.
Dai silos nelle aree di deforestamento dell’ecoregione del Chaco, in Argentina, i semi vengono trasportati ai porti argentini di Rosario e San Lorenzo, sul fiume Paranà. Qui vengono imbarcati, già trasformati in farina negli impianti di spremitura locali dei grandi commercianti internazionali, sulle navi cargo dirette in Europa.
I dati di MarineTraffic consentono di rintracciare diverse navi che, dal 2019 a oggi, hanno attraversato l’Atlantico dai due porti argentini fino ai porti di scarico in Italia e Spagna. Questi due paesi sono rispettivamente al primo e al secondo posto in Europa, nonché al quinto e sesto posto mondiale, per import di farina di soia per mangimi dall’Argentina e per esposizione alla deforestazione nel Chaco.
Nel 2019 l’Unione europea nel suo insieme ha importato 355.979 tonnellate di soia (semi e farina) dall’ecoregione argentina del Chaco. Circa il 2,1 per cento proviene da almeno 2.332 ettari potenzialmente disboscati.
Lo stesso anno Italia e Spagna hanno importano rispettivamente all’incirca 71.800 e 76.000 tonnellate di soia (semi e farina), provenienti dalla stessa ecoregione. Circa il 2,1 per cento provengono rispettivamente da almeno 466 e 500 ettari potenzialmente disboscati, (1) un terzo dei quali si trova nel dipartimento argentino di Almirante Brown che è la zona del Chaco maggiormente flagellata dalla deforestazione per far posto alle colture della soia. I dati sono quelli più aggiornati e sono forniti da Trase, una piattaforma per il monitoraggio della sostenibilità delle materie prime agricole.
Una volta giunta in Italia e Spagna, la farina viene miscelata con altri cereali dai produttori di mangimi che riforniscono tutti i comparti nazionali di bestiame (suini, bovini, pollame, uova, vacche da latte). Da notare che i due paesi sono rispettivamente il primo e il quinto esportatore di carne nel mercato europeo (compreso il Regno Unito), secondo quanto ci è stato comunicato da Eurostat. L’Italia è anche tra i maggiori esportatori di formaggi sul continente.
In Spagna, soia argentina per carne suina da record
Nei primi nove mesi del 2023 la Spagna ha importato oltre 500mila tonnellate di farina di soia dall’Argentina (dati che ci ha comunicato Eurostat, aggiornati a settembre) per l’industria della carne suina, di cui la Spagna è primo produttore europeo e il quarto mondiale, con più di cinque milioni di tonnellate nel 2022.
Nel 2021 quasi 4,4 milioni di tonnellate di farina di soia e altre 550mila tonnellate di semi di soia sono state utilizzate per produrre mangimi, secondo i dati del ministero spagnolo dell'agricoltura.
La farina viene importata principalmente attraverso i porti di Barcellona e Tarragona che coprono la domanda degli allevamenti meridionali della Catalogna, dell'Aragona e della Castiglia e León orientale (dove si concentra la maggior parte della produzione suina spagnola) e di Bilbao e della Coruña, che riforniscono invece le aziende agricole del nord del paese.
Nel 2019 i principali importatori erano l’azienda argentina Vicentin (ora in bancarotta), Viterra (controllata dall’anglo-svizzera Glencore, recentemente fusa con Bunge) e l’olandese Louis Dreyfus, con rispettivamente 31.507, 10.854 e 9.292 tonnellate provenienti dall’ecoregione del Chaco.
In ltalia, la soia del Chaco arriva fino ai marchi Dop
Dall’Argentina, secondo i dati Istat citati dall'Associazione nazionale dei commercianti di cereali, provengono tre quarti delle importazioni italiane di farina di soia, ossia 1.196.566 tonnellate su 1.678.000 tonnellate complessive nel 2022. Nel 2023, ne sono arrivate quasi 870mila tonnellate, secondo i dati che ci ha comunicato Eurostat, aggiornati a novembre.
Nel 2019 i tre principali importatori di farina in Italia (tra cui quella adibita ai mangimi) sono la cinese Cofco, l'argentina Aceitera General Deheza e l'americana Bunge, con rispettivamente 29,3, 12.5 e 9.3 milioni di tonnellate provenienti dal Chaco nel 2019, totalizzando il 70 per cento delle importazioni italiana dall’ecoregione argentina.
Sia Cofco che Bunge hanno i loro silo per lo stoccaggio dei semi di soia in prossimità delle piantagioni sorte nelle aree deforestate, spesso illegalmente, nel dipartimento di Almirante Brown. Qui, nel 2019, i due commercianti rappresentavano insieme oltre i due terzi (100 ettari) delle superfici esposte al rischio di deforestazione in relazione all’export di soia in Italia. Tra il 2020 e il 2022 altri 80 mila ettari di alberi sono stati eliminati per far posto anche alle colture di soia.
Sulla carta, Bunge e Cofco si sono impegnate a non acquistare semi da piantagioni ricavate su terreni deforestati. Peraltro entrambe le aziende, insieme agli altri grandi commercianti di derrate, hanno annunciato durante la Conferenza delle parti sul clima (COP28) di Dubai che potrebbero attendere fino a 2030 per porre fine all l'import dai territori disboscati del Chaco e da altri ecosistemi sudamericani con limitata densità forestale. Gli habitat composti da sprazzi di zone boschive alternate a spazi aperti non sono infatti tutelati dal Regolamento europeo che vieta l’import di cereali provenienti da aree disboscate dal 2020 in poi, noto fra i professionisti con l’acronimo EUDR, che entrerà pienamente in vigore nel 2025.
Nessuna delle due aziende ha voluto rivelarci l’origine della soia argentina importata in Italia (dove quella argentina viene mischiata con quella di altra provenienza), non escludendo così che possa anche provenire dalle aree disboscate dell’Almirante Brown. Abbiamo sollecitato ripetutamente anche il direttore di Bunge Italia, Saverio Panico, che non ci ha mai risposto.
Sappiamo per certo che negli ultimi otto mesi del 2023 diversi quantitativi di semi di soia sono usciti dalla provincia omonima del Chaco, e in particolare dalla località di Avia Terai nel vicino dipartimento di Indipendencia, dove Bunge ha uno dei suoi silo. Secondo un rapporto del 2018 dell’ong Mighty Earth diversi agricoltori della zona, alcuni operanti in piantagion…