“Non ho mai visto una rete di tale portata", confida, sbalordito, il ricercatore dell'Istituto francese di geopolitica Kevin Limonier. Per riuscire a impressionare persino uno specialista della disinformazione e dell'influenza russa nel Web, le rivelazioni dell'Ong di Bruxelles EU DisinfoLab, alla quale Les Jours ha avuto accesso, devono essere senza precedenti.
Secondo Ben Nimmo, noto esperto di disinformazione e giornalista d’inchiesta di Graphika, una società di analisi dei social network, le "Indian Chronicles" rivelano "una rete di disinformazione la cui portata e il cui impatto sono paragonabili all'operazione di interferenza russa durante la campagna elettorale del 2016 negli Stati Uniti".
Le Indian Chronicles
Come la disinformazione indiana agisce indisturbata a Bruxelles
Le “Gongo”, braccio armato della disinformazione indiana all’Onu
Come la macchina di disinformazione indiana a Bruxelles ha trasformato il conflitto nel Kashmir in guerra al fondamentalismo
Nel cuore dell’Europa c’è una rete di disinformazione influente e segreta al servizio dell’India
I segugi della Ong, dopo mesi di lavoro e un’indagine durata oltre un anno, hanno pubblicato un rapporto reso pubblico lo scorso 9 dicembre. Lungo un centinaio di pagine svelano i meccanismi della più grande rete di influenza e disinformazione mai osservata sul territorio europeo. Una rete tentacolare che opera da quindici anni sia a Bruxelles che a Ginevra, rispettivamente al parlamento europeo e all'Onu, con risultati molto concreti.
Si tratta di una vera e propria macchina da guerra dell'informazione che promuove gli interessi di un paese che, sebbene rimanga piuttosto discreto sulla scena internazionale, è praticamente un continente: l'India. Questo meccanismo dagli ingranaggi ben oliati e dalle numerose ramificazioni ha numeri che danno le vertigini: centinaia di siti internet, decine di Ong fantoccio e centinaia di falsi giornali creati dal nulla al servizio degli interessi di New Delhi e del suo primo ministro, il nazionalista Narendra Modi.
Un’operazione che coinvolge centinaia di siti internet, altrettanti falsi giornali e decine di Ong fantoccio realizzata da un’azienda che pare un fantasma? Una pillola difficile da mandare giù per chiunque conosca il caso.
Al centro di questa ragnatela, i cui contorni sono ancora difficili da definire, c'è un consorzio di aziende: il gruppo Srivastava. Questo conglomerato di aziende indiane si autodefinisce sul suo sito web come il gruppo "in più rapida crescita del paese con interessi nelle risorse naturali, l’energia pulita, lo spazio aereo, i servizi di consulenza, la salute, la stampa e l’editoria". Srivastava aveva già attirato l'attenzione dopo aver organizzato, tramite una Ong, una visita in Kashmir, regione contesa tra l'India e il Pakistan, per oltre una ventina di eurodeputati, molti dei quali di estrema destra, tra cui l'eurodeputato francese Thierry Mariani, tra i principali protagonisti di questa inchiesta.
Se si va oltre la vetrina del suo sito web, il gruppo Srivastava appare come un guscio vuoto. Come osserva il giornalista Rohini Singh su The Wire, Srivastava non sembra svolgere attività reali, e raggruppa diverse aziende che paiono dormienti o dal capitale spesso modesto.
Perché gli eco-investitori si ritrovano a finanziare le “Big Oil”? A quali stratagemmi ricorre la finanza per raggiungere questo obiettivo? Come possono proteggersi i cittadini? Quale ruolo può svolgere la stampa? Ne abbiamo discusso con i nostri esperti Stefano Valentino e Giorgio Michalopoulos, che per Voxeurop analizzano i retroscena della finanza verde.
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