Grandi inchieste Reportage In cattive acque | Parte prima: pesticidi Abbonati/e
Un'azienda agricola vicino a Portogruaro (Veneto), settembre 2022. | Foto: Jelena Prtorić Italie | pesticides | panneau | Jelena Prtoric

Inchiesta sull’inquinamento idrico in Europa: le responsabilità dell’agricoltura industriale

Nonostante le numerose regole in vigore, circa il 60 per cento delle acque di superficie europee e il 25 per cento delle falde non sono all’altezza degli standard. La responsabilità va cercata soprattutto dell'agricoltura intensiva e nell'uso massiccio di pesticidi. Comincia in Francia e nei Paesi Bassi la nostra inchiesta sullo stato della nostra risorsa più preziosa.

Pubblicato il 26 Gennaio 2023
Italie | pesticides | panneau | Jelena Prtoric Un'azienda agricola vicino a Portogruaro (Veneto), settembre 2022. | Foto: Jelena Prtorić
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Introduzione

Dalle spiagge della Bretagna, in Francia, alle falde acquifere dell'Aragona, Spagna; dalle fertili pianure dei Paesi Bassi alle colline del prosecco in Italia: abbiamo esplorato le carenze delle politiche di protezione dell’acqua nell’Unione europea. Le norme europee, benché molto avanzate, sono difficili da applicare a causa delle lacune nel monitoraggio e della limitata disponibilità di dati; per parte sua l'industria è riuscita a bloccare testi di legge importanti sfruttando le lacune della scienza, a fronte di un impatto reale dell’inquinamento sulla vita delle comunità e sugli ambienti acquatici di tutta Europa.

Nella prima di questa inchiesta partiamo dai Paesi Bassi per poi spostarci nel Nord della Francia: qual è l'impatto dei pesticidi sull'acqua e sulla nostra salute?


“Perché non assistiamo a una moria di pesci in Europa? Perché l'inquinamento è molto più sottile, ma onnipresente. Non si vede, non se ne sente l'odore, quindi si pensa che l'acqua sia buona”, afferma Martina Vijver, ecotossicologa e, dal 2017, docente all'Università di Leida, nei Paesi Bassi. Vijver lavora al  Living Lab, che consiste in una serie di bacini contenenti colonie di vari organismi, in cui vengono simulate le condizioni reali degli ambienti acquatici. Mentre in un laboratorio standard gli organismi vengono sottoposti a una sostanza alla volta, nel Living Lab entrano in gioco più elementi interconnessi, proprio come in natura. 

"I test di laboratorio convenzionali sono validi perché forniscono uno screening rapido che si può replicare in qualsiasi parte del mondo. Ma non riproducono una situazione reale. Se sei ben nutrito, non hai bisogno di scappare dai predatori e un ricercatore ti tratta bene, questo influenzerà la tua risposta alle sostanze tossiche", spiega Vijver. La ricercatrice fa un paragone con la differenza tra stare in una piccola stanza con un'altra persona e stare in un gruppo numeroso: il calore, il fumo di sigaretta e il rumore ci colpiscono in modo diverso in questi due scenari, e più grande è il gruppo, maggiore è il rischio di finire disidratati e di andarsene con il mal di testa.

Martina Vijver-Life Lab Jelena Prtoric
Martina Vijver al Living Lab di Leida (Paesi Bassi), agosto 2022. | Foto: Jelena Prtorić

Nel Living Lab Vijver introduce nell'ambiente diversi inquinanti prodotti dall'uomo e ne analizza l'impatto sulle connessioni tra gli organismi acquatici. In un esperimento con il neonicotinoide thiacloprid, un insetticida, Vijver e il suo team hanno osservato un drastico calo del numero di "tutti i gruppi di specie studiati, come libellule, coleotteri e caddisfidi".

Secondo la Direttiva quadro sulle acque dell'Ue, la biologia acquatica è uno dei parametri esaminati nel corso della valutazione della qualità dell'acqua. La valutazione dello stato ecologico si concentra su piante e animali acquatici selezionati (generalmente fitoplancton, flora acquatica bentonica, invertebrati bentonici e pesci), che vengono utilizzati come indicatori dello stato generale del corpo idrico. 

La valutazione si basa generalmente sulla composizione e sull'abbondanza delle specie ma Vijver avverte che la sola abbondanza può essere fuorviante. "Se dopo [l'applicazione di un inquinante] si può contare lo stesso numero di specie di prima, non significa che la connessione tra gli organismi acquatici sia rimasta la stessa". Ad esempio, la moltiplicazione delle alghe è solitamente causata da un eccesso di nutrienti. Ma in alcuni casi i livelli di nutrienti non sono cambiati. "Quindi forse un altro inquinante ha influenzato la popolazione di organismi che si nutrono di alghe. Quindi, le alghe fioriscono e di conseguenza si ripercuotono sull'intera comunità", spiega Vijver.

Perdita di biodiversità

In ambienti in cui gli organismi devono affrontare una serie di fattori di stress – non solo l'inquinamento chimico, ma anche quello acustico o la siccità – è impossibile sapere fino a che punto l'equilibrio di un ambiente acquatico debba essere impattato prima di raggiungere un "punto di svolta". Nel suo libro Silent Spring, pubblicato nel 1962, la biologa Rachel Carson ha evocato l'immagine di una comunità che raggiunge quel punto critico. Da un giorno all'altro la vita in una città fatta di fattorie prosperose, frutteti e corsi d'acqua puliti e ricchi di pesci cambia. Gli uccelli smettono di cantare, le piante appassiscono, i pesci muoiono e gli agricoltori si ammalano.

La città immaginata da Carson rappresentava un mosaico di disgrazie vissute da diverse comunità in tutti gli Stati Uniti a causa degli effetti nocivi dei pesticidi messi sul mercato senza un'adeguata regolamentazione. Il suo libro provocò una levata di scudi nell'industria e in parte della comunità scientifica e portò alla nascita di movimenti che chiedevano una migliore protezione e regolamentazione delle sostanze chimiche.


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A distanza di quarant'anni, i nostri campi sono ancora fertili, le popolazioni di uccelli sono diminuite ma non sono scomparse del tutto, i pesci popolano ancora le nostre acque e l'Unione europea si vanta di avere "le leggi sui pesticidi più severe al mondo".

Chi ha il potere di fare qualcosa al riguardo? Due scienziati tedeschi hanno cercato di capire perché non viene intrapresa un'azione politica più incisiva. In linea di massima, i paesi dell'Ue possono essere divisi in tre gruppi, nessuno dei quali sta spingendo attivamente per ottenere regolamenti più severi. 

"Nell'Ue, ci sono paesi come la Germania che pensano di avere un buon sistema normativo e di fare abbastanza; c'è un gruppo dell'Europa orientale che sostiene di aver bisogno di un'agricoltura industriale con pesticidi e fertilizzanti per mettersi al passo con i paesi più sviluppati e il gruppo del sud che tende a dire che sta nutrendo la parte settentrionale dell'Europa, quindi non dovrebbe essere incolpato da solo per l'uso dei pesticidi", afferma Frank Hüsker, scienziato politico e ricercatore presso il Centro Helmholtz per la Ricerca Ambientale di Lipsia.

Hüsker e il suo collega Robert Lepenies, presidente della Karlshochschule International University, hanno studiato il motivo per cui l'inquinamento dei corpi idrici con i pesticidi persiste, nonostante le normative severe. "Volevamo capire l'aspetto politico", ha spiegato Lepenies. Per spiegare il motivo per cui persiste l'ampio uso di pesticidi, i ricercatori hanno utilizzato il concetto di "blocco normativo", ovvero il modo in cui "l'inerzia di tecnologie, istituzioni e comportamenti limita individualmente e interattivamente la velocità delle trasformazioni sistemiche".

Il primo blocco è dovuto ai modelli di utilizzo dei terreni nell'Ue, che sono pesantemente sovvenzionati dalla politica agricola dell'Ue, che premia le aree coltivate più grandi, conferendo agli attori agricoli un ruolo importante a livello europeo. Inoltre, gli interessi dei consumatori in materia di sicurezza alimentare e di autarchia sono considerati fattori estremamente importanti.

"Un'argomentazione utilizzata sia a Bruxelles che in Germania è che l'Ue ha il miglior sistema normativo al mondo e che se si rafforzassero ulteriormente le norme sui pesticidi ci sarebbe a un aumento delle importazioni di prodotti alimentari", afferma Hüsker.

L'argomento della sicurezza alimentare viene utilizzato anche dall'industria dei pesticidi per chiedere ritardi nell'introduzione di diverse misure ambientali. L'osservatorio delle lobby europee con sede a Bruxelles, Corporate Europe Observatory, ha mostrato come l'industria cerchi di minare la nuova politica agricola sostenibile dell'Ue, Farm to Fork, con tattiche "che vanno dall'allarmismo con 'studi d'impatto', alla mobilitazione di paesi terzi (in particolare gli Stati Uniti) per esercitare pressioni sull'Ue, fino a distrarre i decisori con impegni volontari o altre false soluzioni".

Un altro importante blocco deriva dal quadro normativo che circonda l'autorizzazione delle sostanze. L'intero discorso sulle sostanze è ermetico e complicato ed è accessibile solo a una ristretta cerchia di esperti. "Per entrare in una stanza dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, devi avere una laurea in ecotossicologia", scherza Lepenies. "Ci affidiamo agli scienziati perché ci spieghino cosa sta succedendo. E i dati da soli non rispondono alla domanda. Il pubblico generale non sa necessariamente come interpretarli", aggiunge.

"È stato uno sforzo enorme. Se si sommano tutti i viaggi che abbiamo fatto per raccogliere i campioni, la distanza è pari a due volte e mezzo il giro del mondo", spiega Liess. Ma ne è valsa la pena, secondo Liess, perché i risultati sono sorprendenti: "Le concentrazioni di pesticidi misurate superavano le concentrazioni regolamentari accettabili nell'81 per cento dei corsi d'acqua agricoli! Inoltre, in circa l'80 per cento dei corsi d'acqua abbiamo riscontrato forti effetti sulla comunità degli invertebrati. Secondo la Direttiva Quadro sulle Acque, non dovrebbe esserci un tale cambiamento su quelle specie", ha dichiarato.

Regolamentazione dei pesticidi

I pesticidi – definiti "prodotti fitosanitari" – vengono utilizzati sulle colture per eliminare erbe infestanti o parassiti. Tra questi vi sono gli erbicidi (che agiscono contro le erbe infestanti), gli insetticidi (contro gli insetti), i fungicidi (contro le malattie fungine), i molluschicidi (contro le lumache), gli acaricidi (contro gli acari), i rodenticidi (contro i roditori dannosi) e i regolatori di crescita (controllano i processi biologici). 
Secondo il principio di precauzione sancito dal Trattato sul Funzionamento dell'Ue, "se è possibile che una determinata politica o azione possa causare danni al pubblico o all'ambiente e se non c'è ancora un accordo scientifico sulla questione, la politica o l'azione in questione non dovrebbe essere attuata". Il principio di precauzione si applica anche al regolamento sull'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari. 
Nell'Unione europea, i pesticidi sono regolamentati a due livelli: le sostanze attive sono approvate a livello europeo, mentre gli stati membri autorizzano i prodotti che contengono le sostanze attive approvate. I principi attivi approvati non devono avere effetti nocivi immediati o ritardati sulla salute umana o animale, direttamente o attraverso l'acqua potabile, gli alimenti, i mangimi o l'aria, attraverso l'esposizione sul posto di lavoro o attraverso effetti cumulativi e sinergici, e non devono avere effetti inaccettabili sull'ambiente (ad esempio, per quanto riguarda la biodiversità). Tuttavia, l'attuale regolamento presenta diverse lacune. Come sottolinea l'Ong Pesticide Action Network, la maggior parte dei dati contenuti nei dossier sono forniti dalle aziende produttrici di pesticidi; i rapporti completi degli studi di tossicità necessari per l'approvazione dei pesticidi non sono generalmente pubblicati e non possono essere valutati da esperti indipendenti o dal pubblico in generale; inoltre, non c'è l'obbligo di registrare preventivamente i test e di riportarne tutti i risultati. Questo consente all'industria di "scegliere" quali studi includere, o quali effetti avversi segnalare e quali nascondere, al fine di influenzare le conclusioni della valutazione.
Ma la perdita di biodiversità, anche se non visibile a un occhio inesperto, è nota e ampiamente documentata. Un rapporto del 2019, Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services, pubblicato dall'organismo intergovernativo indipendente Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), ha rilevato che, a livello globale, il 75 per cento della superficie terrestre è significativamente alterato, il 66 per cento della superficie oceanica subisce impatti cumulativi crescenti e oltre l'85 per cento  delle zone umide (per superficie) è andato perso. Le acque interne e gli ecosistemi d'acqua dolce mostrano tassi di declino tra i più alti mai osservati. 
La percentuale di declino della biodiversità indica che, su circa 8 milioni di specie animali e vegetali (il 75 per cento delle quali sono insetti), circa 1 milione è a rischio di estinzione. Nell'Ue, secondo i dati riportati sul sito della Commissione europea, l'81 per cento degli habitat è in cattivo stato. Il legame tra i pesticidi e la perdita di biodiversità non è oggetto di discussione nella comunità scientifica, eppure le vendite di pesticidi nell'Ue sono rimaste stabili nell'ultimo decennio.

L'esperimento evidenzia anche i difetti del modo in cui il monitoraggio viene solitamente eseguito. Non c'è garanzia che le misurazioni abituali coincidano con i periodi di forti piogge, quando i pesticidi vengono lavati via dai campi e le loro concentrazioni raggiungono il picco nei corsi d'acqua. Inoltre, è probabile che i piccoli corsi d'acqua siano esclusi dalle misurazioni nazionali, poiché il monitoraggio delle acque è spesso riservato ai corpi idrici più grandi (anche se i corsi d'acqua più piccoli sono, come dice Liess, "estremamente importanti, come i capillari del nostro corpo", che trasportano l'ossigeno - ma anche le tossine - attraverso il nostro sistema). Inoltre, c'è la questione delle concentrazioni, dei parametri utilizzati per misurarle e di cosa viene misurato in primo luogo.

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