Baku, aprile 2012.

La reputazione a pagamento di Baku

Quest’anno il festival della canzone europea si svolge in Azerbaijan, non certo un modello di democrazia e diritti. Ma i soldi del petrolio bastano a tenere lontane le critiche.

Pubblicato il 25 Maggio 2012 alle 10:16
Baku, aprile 2012.

L’Azerbaijan, che ospita a partire dal 22 maggio il festival Eurovision 2012 [la cui finale è prevista sabato 26 maggio] continua incessantemente a proporsi per l’organizzazione di eventi di portata internazionale. Baku si era offerta in un primo tempo di organizzare i giochi olimpici del 2016, ma la sua candidatura non è stata presa in considerazione. Ma ciò non è bastato a scoraggiare l’Azerbaijan, che oggi ha presentato la propria candidatura alle olimpiadi del 2020 e, già che c’era, anche agli europei di calcio dello stesso anno.

Tutto ciò dimostra quanto l’Azerbaijan si senta a proprio agio nei forum internazionali. Si considera un “partner strategico”, alla pari di Stati Uniti e Unione europea. Nel parlamento estone ci sono ben 14 seggi per gli iscritti al gruppo degli amici dell’Azerbaijan. Ma i gruppi estoni per la difesa dei diritti umani nell’ex blocco orientale evitano di pronunciarsi al riguardo dell’Azerbaijan: per loro Minsk, Mosca e ultimamente anche Kiev sono altrettanti motivi di preoccupazione. Ma non Baku.

Perché? L’Azerbaijan è davvero così diverso dalla Bielorussia? E Baku non è forse sede di una dittatura ? La risposta è implicita nella domanda, e tuttavia si continua a far finta di nulla. Gli oppositori del governo non sono stati messi a tacere del tutto, anche se non resta loro alcun margine di manovra.

Lo stato che ospiterà un allegro festival internazionale in realtà ha una decina di prigionieri politici e parecchi giornalisti in carcere, non meno che in Bielorussia. Con l’Azerbaijan si fa finta di nulla e si va d’accordo per il petrolio. Diversamente da altre repubbliche ex-sovietiche, il paese non è povero. Anche il Kazakistan è trattato con rispetto, sebbene si tratti di un paese autoritario.

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Nonostante la cattiva reputazione, con i soldi si possono comprare molte cose. Ci sarà sempre chi conosce qualcuno a Londra o altrove che lavora in un ufficio che accetta i fondi di un regime autoritario e lo aiuta a rifarsi una nuova immagine.

Dall’Azerbaijan

Un festival di proteste

“L’avvicinarsi del concorso Eurovision fa venire il mal di testa alle autorità azere”, ha scritto di recente il quotidiano di Baku Zerkalo. Quando Michelle Roverelli, portavoce del celebre concorso musicale, ha protestato contro la “politicizzazione di questa occasione di festa”, da tutte le parti sono piovute critiche e minacce sullo svolgimento della manifestazione, soprattutto da parte della Germania e di alcune ong internazionali che hanno invitato al boicottaggio.

All’interno del paese gli attivisti per i diritti umani manifestano da settimane per attirare l’attenzione della comunità internazionale sulle “persecuzioni contro l’opposizione, gli ostacoli alla libertà di pensiero, di parola e di stampa, l’assenza di riforme economiche, la deplorevole situazione dei diritti”.

Per la prima volta, in occasione di un raduno, i manifestanti hanno preteso le dimissioni del presidente Ilham Aliev e una serie di contestazioni è prevista per tutta la durata del concorso. Gli islamisti radicali hanno fatto sapere in un comunicato riportato dal sito azero Aze che Eurovision è “un incubo per tutti i musulmani” e che gli invitati e i partecipanti al concorso saranno oggetto di attentati.

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