La rivoluzione di Hollande

Il grigio e moderato candidato socialista è quanto di più lontano dall’immagine del leader visionario. Eppure se vincerà le elezioni sarà il fulcro di uno sconvolgimento continentale.

Pubblicato il 24 Aprile 2012 alle 14:33

Solo poco tempo fa se qualcuno avesse detto che François Hollande avrebbe potuto significare per milioni di europei la speranza di un inizio di rivolta contro uno status quo asfissiante, lo avrebbero preso per pazzo.

Con la sua aria da funzionario o da onesto commerciante, con la sua personalità pragmatica e consensuale e le sue idee moderate, François Hollande non ha nulla del genio di Cyrano de Bergerac, di una figura storica come De Gaulle o di un politico esperto come Mitterrand. Tuttavia, a dimostrazione dei tempi tristi e mediocri in cui viviamo, il candidato socialista è ormai considerato in tutta Europa l’unico capace di incarnare Asterix: l’uomo che nel suo irriducibile villaggio della Gallia continua a resistere all’impero germanico del rigore e delle restrizioni. Per lui stimolare la crescita e l’occupazione dovrebbe essere il principale obiettivo europeo in materia economica.

Per quanto possiamo ricordarci, nessuna elezione presidenziale aveva avuto una tale dimensione continentale. Berlino, Francoforte, Bruxelles, Parigi, Londra, Roma, Madrid, tutte le altre capitali europee, le piazze finanziarie più importanti e un numero consistente di cittadini sono consapevoli di quello che significa questo scrutinio: la continuazione del regno di Merkozy, con il suo dogma dell’equilibrio di bilancio a ogni costo, oppure il primo vero tentativo di integrare nella politica economica europea l’espansione e il rilancio economico, creatore di occupazione. Si tratta di un punto fondamentale non solo per i paesi sotto tutela o sotto sorveglianza - la Grecia, il Portogallo, la Spagna, l’Italia e la stessa Francia - ma anche per la Germania.

Come ha detto Thomas Paine, uno dei padri dell’indipendenza degli Stati Uniti, il senso comune deve talvolta diventare rivoluzionario. Ecco quello che sta succedendo in un moderato come Hollande. Nessuna delle sue proposte è motivata da un estremismo di sinistra ideologico, da uno sciovinismo francese, da una voglia di rompere l’asse Parigi-Berlino o da un sentimento anti-europeo. Al contrario il suo obiettivo è evitare quello che Paul Krugman chiama il “suicidio economico dell’Europa”, come ha spiegato l’Fmi.

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Hollande è tra le persone convinte che è stato fatto un grave errore di diagnosi e che quindi la terapia è sbagliata. Il malato europeo soffre di un grave tumore (la crescita e l’occupazione), ma l’équipe medica diretta da Angela Merkel si impegna a curare solo una delle sue conseguenze, cioè il sovrappeso (il deficit e il debito). E ovviamente il drastico regime dimagrante che viene imposto al paziente non fa che aggravare il vero problema, che nessuno ha mai cercato di risolvere. Così alla malattia si sono aggiunti gli interessi finanziari (i famosi mercati), il fondamentalismo ideologico neoliberista (limitare al massimo l’intervento dello stato) e le ossessioni ideologiche in materia di contabilità (bassa inflazione e pareggio di bilancio).

Fare la storia

Hollande ha rotto il dogma. Qualche anno fa le sue idee sarebbero state considerate timide, ma oggi sembrano rivoluzionarie. Nell’Ue il leader socialista difenderà due idee che danno particolarmente fastidio al cancelliere tedesco: la tassa sulle transazioni finanziarie e la creazione degli eurobond.

Come ha scritto Miguel Mora su El País, Hollande è l’uomo che “molti europei considerano capace di cambiare il corso della storia”. La sua rivolta contro la Germania di Angela Merkel potrebbe portargli numerosi alleati, in modo più o meno esplicito. Questa situazione farebbe senz’altro comodo alla Spagna, per non parlare della Grecia o del Portogallo.

Ma la sua ribellione potrebbe fare degli adepti anche in Germania, dove il Partito socialdemocratico chiede un’inversione di rotta europea in materia di crescita e di occupazione. Inoltre questo partito potrebbe uscire vincitore dalle elezioni che si terranno in Germania nel 2013 o ottenere abbastanza voti per costringere Angela Merkel a formare un governo di coalizione.

Difficile dire che cosa succederà, per ora tutto è nelle mani degli elettori francesi. Paradossalmente proprio scegliendo Hollande, l’uomo meno carismatico sulla piazza, la loro decisione potrebbe avere un impatto considerevole nell’intera Europa. E scrivere una nuova data nella storia.

Economia

Svolta pericolosa

“Diversamente dagli altri pesi del Mediterraneo, la Francia continua ad aggrapparsi all’idea che la crisi europea sia stata provocata dalla globalizzazione, dal mercato libero e dal capitalismo anglo-sassone”, scrive Rzeczpospolita. Nonostante le differenze che li separano, tutti i candidati alla presidenza francese condividono la convinzione che “aumentare le tasse, vendere più bond e combattere gli idraulici polacchi (o i rom che chiedono l’elemosina o i disoccupati turchi) sia il modo migliore di combattere la crisi”.

Secondo il quotidiano conservatore polacco questo approccio potrebbe rivelarsi dannoso per l’Europa soprattutto se a vincere sarà François Hollande, che ha una visione dell’Europa diametralmente opposta a quella di Angela Merkel e intende stimolare l’economia aumentando le tasse e la spesa pubblica. La vittoria di Hollande, sottolinea Rzeczpospolita, potrebbe “stuzzicare l’appetito della sinistra europea”, e provocare “una virata politica radicale [a sinistra] in Europa” in vista delle prossime elezioni in Grecia e successivamente nei Paesi Bassi e in Germania, nel 2013.

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