Manifesti della campagna per il referendum sul trattato di Lisbona in Irlanda, 2008

La verità su Lisbona

Ora che gli irlandesi hanno ottenuto garanzie sul trattato, un nuovo referendum dovrebbe essere organizzato a ottobre. È ora di distinguere i fatti dalle leggende e ribattere all'eterogenea coalizione dei sostenitori del no, scrive l'Irish Times.

Pubblicato il 22 Giugno 2009 alle 16:35
Manifesti della campagna per il referendum sul trattato di Lisbona in Irlanda, 2008

Pare che siamo all'ultimo giro della sfiancante – ma importantissima – corsa alla ratifica del trattato di Lisbona da parte dell'Irlanda. Che devono fare di noi i nostri partner europei? È difficile non ammettere che ci siamo fatti riconoscere. Certo alcuni di essi ci considereranno dei bambini viziati che speravano fossero ormai diventati grandi e maturi, per poi vederci tornare a fare le marachelle.

Siamo ora riusciti a ottenere da loro una "decisione" del Consiglio europeo, che si limita a ripetere quel che sapevamo già – e cioè che il trattato non ha niente a che fare con l'aborto e col nostro sistema fiscale e che non influirà sulle nostre scelte in materia di difesa e di neutralità. Non dovremo partecipare a iniziative che non condividiamo. Non c'è e non ci sarà alcun esercito europeo, né tantomeno coscrizione obbligatoria.

Ma niente di tutto ciò, naturalmente, importerà ai sostenitori del no, che a pochi minuti dal vertice Ue di venerdì avevano già cominciato a pompare slogan contro il trattato. L'Unione e il governo stavano "prendendo in giro i media e il pubblico" ha scritto a grandi lettere National Platform, essenzialmente portavoce di un singolo personaggio, il temibile Anthony Coughlan. Le garanzie legali sono un esercizio di "manipolazione creativa mirata a sviare l'opinione pubblica", sostiene Patricia McKenna, appena respinta alle elezioni europee.

I membri fronte del no appartengono contemporaneamente a più gruppi, il che spiega come mai il chiasso sia molto superiore al numero di persone effettivamente coinvolte. Le opinioni dell'ex Verde McKenna sono state diffuse da Pana, l'Alleanza per la pace e la neutralità. Pana, che si considera il custode della neutralità irlandese, enumera sul proprio sito 26 affiliati, tra cui la Lega Celtica e il Comitato irlandese di sostegno a El Salvador, il cui sito non viene aggiornato dal 2002. E che dire del Gruppo irlandese di solidarietà con l'Algeria, il cui sito si vanta del supporto di due parlamentari passati a miglior vita? Ci sono anche il Gruppo di sostegno a Cuba, i Cittadini in difesa della neutralità, il Partito comunista irlandese, l'Unione missionaria irlandese, le Donne dello spettacolo e dei media, il Sinn Féin e i Verdi.

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Il punto è questo. I sostenitori di gruppi come il Pana sono senza dubbio estremamente motivati, ma è vero che rappresentano la maggioranza degli irlandesi e che le loro posizioni antieuropeiste rappresentano al meglio gli interessi degli irlandesi? Sarà il tempo a dircelo, ma credo proprio di no. Questa settimana il ministero degli esteri lancerà eumatters.ie, nello sforzo di separare i fatti dalle leggende sull'Unione. Anche per questo ci vorrà tempo.

CONCESSIONI

Il vaso di Pandora è aperto

L'introduzione di garanzie specifiche per l'Irlanda nel trattato di Lisbona potrebbe rivelarsi un vaso di Pandora, avverte Marius Staniszewski su Polska. Presto altri membri cominceranno ad avanzare le proprie richieste. Bruxelles ha accettato di includere nel trattato il diritto dell'Irlanda a una politica fiscale indipendente, alla neutralità e a mantenere le sue leggi restrittive sull'aborto. Inoltre l'Irlanda avrà un posto in Commissione europea. "Perché i cechi, gli olandesi e i polacchi non dovrebbero chiedere concessioni simili?", si chiede Stanizewski. I funzionari Ue che vogliono ripetere a ogni costo il referendum in Irlanda non fanno che offrire munizioni agli avversari del trattato. Quando le clausole irlandesi saranno state accettate, sarà legittimo chiedersi se si tratta ancora dello stesso documento che gli altri parlamenti hanno ratificato. In Repubblica Ceca il dibattito è già iniziato, e gli altri paesi potrebbero seguire a ruota. "In Polonia ci si chiede se sia meglio sfruttare l'occasione per ottenere qualche vantaggio oppure comportarsi da bravi europei desiderosi di un'Unione più efficiente", conclude l'opinionista di Polska.

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