Il quartiere turco di Skopje, Macedonia (Ranopamas)

L'ombra dell'Impero ottomano

Cinque secoli di dominio turco hanno profondamente condizionato la cultura, la cucina, la lingua e persino i gesti dei popoli balcanici. Tanto da influenzarne anche l'atteggiamento nei confronti dell'Unione europea. 

Pubblicato il 8 Febbraio 2010 alle 17:12
Il quartiere turco di Skopje, Macedonia (Ranopamas)

Quando si cerca di definire l'eredità ottomana nella composizione dell'identità contemporanea delle nostre nazioni, i nostri intellettuali tendono a passare sotto silenzio alcuni aspetti essenziali. Quasi tutti i popoli balcanici minimizzano questa influenza, anche se è onnipresente. La bulgara Maria Todorova, autrice del libro Imagining the Balkans (Oxford Press Libri, 1997) ha sollevato molte polemiche quando ha accusato storici e sociologi balcanici di mascherare la verità sul loro passato ottomano e sull'eredità di questo periodo, visto con sdegno o del tutto negato [in Bulgaria per definire questo periodo la storiografia ufficiale accetta solo l'espressione "giogo turco"]. Ma Todorova si spinge ancora oltre: secondo lei non bisogna studiare "l'eredità ottomana nei Balcani", ma "i Balcani come eredità ottomana".

E come punto di inizio propone l'origine dello stesso nome balkan, che in turco vuol dire montagna boscosa. Questa eredità è evidente a tutti i livelli della vita sociale. Nella vita politica, per esempio, si traduce nella ricerca di una soluzione extra-istituzionale a tutti i problemi (pazarlik, "contrattazione"). Anche l'assenza di un'elite culturale autoctona è da ricondursi a essa: in tutte le regioni dell'impero ottomano, le elite erano composte per lo più da intellettuali formati all'estero, una situazione che non è molto cambiata dopo l'indipendenza. L'assenza di una borghesia e di un'aristocrazia locale, accanto all'industrializzazione mancata dell'epoca ottomana, sono una delle ragioni della debolezza economica dei paesi balcanici.

Dolci e imprecazioni

Il periodo ottomano ha lasciato profonde tracce anche nei costumi e nei gesti quotidiani, elementi caratteristici del nostro codice culturale. Oltre alle parole di origine turca di cui sono infarcite le nostre lingue, il discorso non verbale di tutti i "post-ottomani" continua a stupire gli occidentali. Alcuni gesti bruschi ben definiti, il fatto di sputare per mostrare la propria delusione o indignazione (accompagnato dall'interiezione yazik! - "sventura") o di appoggiarsi sul ginocchio per mostrare la propria serietà, sono gesti comunicativi molto più comprensibili per un orientale che per un occidentale. La cucina è un altro settore della vita quotidiana che non manca di influenze turche: la sarma (foglia di vite o di cavolo farcita), la moussakà, la turlitava (ratatouille) sono specialità orientali. Beviamo caffè turco e siamo tutti molto golosi di baklava, tulumbas e boza, tipici dolci orientali.

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Senza dimenticare la kafeana (kahvehan), l'istituzione dove si forma l'opinione pubblica tanto in città che in campagna, e che per quanto simile ai bar e ristoranti, non ha un corrispettivo esatto nel mondo occidentale. Un'introspezione più approfondita ci può fornire altri esempi: il patriarcato, la corruzione e la dipendenza dalla giustizia dai politici e dalle persone influenti sono elementi indissociabili della cultura ottomana. I cinque secoli e mezzo di dominio turco hanno lasciato radici profonde nelle nostre culture. Ed è la ragione principale per cui, in un'epoca in cui tutti utilizziamo internet e consideriamo l'inglese la nostra seconda lingua, i dibattiti ruotano sempre intorno all'opportunità di costruire nuove chiese o nuove moschee. (adr)

Bulgaria-Turchia

Tra Sofia e Ankara torna la freddezza

La visita del primo ministro bulgaro Boiko Borissov in Turchia, all'inizio di febbraio, aveva soprattutto lo scopo di creare discontinuità rispetto ai suoi predecessori, sostiene 24 Chasa. Nel luglio 2009 il governo di centrodestra di Borissov ha preso il posto della coalizione guidata dal Partito socialista, in cui il partito della minoranza turca in Bulgaria, il Dps, era fortemente rappresentato. "Il messaggio di Borissov ad Ankara era che non bisogna più contare sul Dps nelle relazioni bilaterali", scrive il giornale. Questo significa un raffreddamento e una ridefinizione delle relazioni tra i due paesi. Del resto i soli documenti firmati ad Ankara riguardano il transito degli idrocarburi. Molti argomenti spinosi sono rimasti in sospeso, come la questione del pagamento delle pensioni di molti bulgari di origine musulmana che sono fuggiti dal regime comunista in Turchia. Da parte bulgara, Sofia condiziona il suo sostegno alla candidatura turca all'Unione europea alla soluzione di diversi contenziosi, alcuni dei quali risalgono addirittura al diciannovesimo secolo.

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