Opinione Informazione paneuropea

Multilinguismo, traduzione e inglese: così i media costruiscono l’eurosfera

In un’Unione europea a 27 – e potenzialmente a 30 membri – il multilinguismo, la traduzione e l'inglese giocano un ruolo fondamentale, in politica e nella democrazia nel suo complesso. Lo storico e giornalista britannico Timothy Garton Ash presenta la nuova edizione europea del Guardian. Un altro passo verso la creazione di uno spazio pubblico europeo, insieme ad altri mezzi di informazione, tra cui Voxeurop.

Pubblicato il 25 Settembre 2023 alle 12:57

“Come governare un paese che ha 258 tipi diversi di formaggio?”, pare si sia chiesto Charles de Gaulle, il presidente fondatore della Quinta Repubblica francese. Ebbene, l’Unione europea, che si prepara alle elezioni europee del 2024, si trova ad affrontare una sfida ben più grande: come gestire una comunità democratica multinazionale con 24 lingue ufficiali? 

A questo si aggiunge il fatto che l'Unione si sta preparando ad un decennio di allargamento, che potrebbe includere l'Ucraina, la Moldova e la Georgia, oltre a sei paesi dei Balcani occidentali, il che porterebbe il numero di lingue ufficiali a 30. Nell'Europa in generale, la diversità linguistica è ancora maggiore: se ne calcolano tra le 64 e le 234.

Si tratta di una questione centrale. La politica è anche un teatro. I politici sono attori, li vediamo sul "palcoscenico" nazionale e internazionale. E la democrazia è fatta di persone che deliberano, dialogano. E se non capiamo quello che dicono?

L'Europa ha tre risposte a questa domanda: il multilinguismo, la traduzione e la lingua inglese. Secondo il sito ufficiale dell'Ue, il multilinguismo è "uno dei principi fondanti dell'Unione". Questa variopinta diversità linguistica – a differenza degli  Stati Uniti – è una delle cose fanno il fascino, infinito, dell’Europa. 

Al parlamento europeo potete parlare una qualsiasi delle 24 lingue e sarete interpretati nelle altre dal più formidabile team di traduttori esperti al di fuori dell'Onu. "La lingua dell'Europa è la traduzione", diceva Umberto Eco


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Ma se è vero che è la poesia è quello che si perde nella traduzione, lo stesso vale per la politica. Ci sono parole chiave, risonanze, associazioni di idee e forme retoriche che toccano le emozioni, che sono diverse a seconda dei contesti e dei casi. I discorsi di Winston Churchill non hanno la stessa forza in sloveno, né quelli di de Gaulle in tedesco.

Quindi, se si vuole raggiungere un pubblico più vasto, e con lui i cuori e le menti di chi ascolta, non c'è niente di più pertinente che essere presenti in più lingue possibili. È per questo che propongo i miei articoli a diverse testate europee e, per lo stesso motivo, sono in preparazione circa venti diverse edizioni europee del mio libro Patrie. Una storia personale dell'Europa (Garzanti, 2023). 

L’edizione di ogni versione linguistica, così come la discussione attorno al testo quando mi reco in un paese per discuterne, raccontano sottili, ma profonde differenze, nel modo in cui ogni società vive l'Europa e – altra faccia della stessa medaglia – del modo in cui quella società pensa a se stessa. 

Tutto nasce proprio con questa parola, “homelands”, "patrie". Il portoghese “Pátrias” non dice esattamente la stessa cosa dell'estone “Kodumaad”; in tedesco, per esempio, non funziona il plurale di “Heimat”.

Eppure la maggior parte di noi non parla le lingue degli altri; e nessuno è in grado di parlarle tutte. E la maggior parte di noi non puo’ certo permettersi interpreti e traduttori. Detto per inciso: il costo annuale di questi servizi per le istituzioni europee ammonta a circa 1 miliardo di euro.

Per questo ricorriamo all'inglese. O dovrei dire all'euro-inglese? Infatti, sebbene l'"inglese" sia elencato come lingua ufficiale dell'Unione, da quando il Regno Unito ha lasciato l'Ue, gli unici stati membri che lo hanno come lingua ufficiale sono l'Irlanda e Malta (oltre all'irlandese e al maltese).

L'inglese è di gran lunga la lingua più utilizzata, sia nell'Ue che in Europa. Secondo uno studio del 2012, circa 4 cittadini dell'Ue su 10 parlano inglese. Senza contare i madrelingua britannici, che all’epoca erano ancora cittadini europei. 

Oggi la percentuale è probabilmente più alta. L'inglese oggi è quello che il latino è stato per l'Europa per secoli, ma potenziato, perché il latino era appannaggio di un'élite colta e relativamente ristretta.

Questa riflessione nasce dal fatto che il quotidiano britannico The Guardian sta facendo qualcosa che da tempo speravo facesse: lanciare un'edizione digitale europea, che si affianca alle tre già esistenti dedicate all'anglosfera: Regno Unito, Stati Uniti e Australia.


Ma se è vero che è la poesia è quello che si perde nella traduzione, lo stesso vale per la politica. Ci sono parole chiave, risonanze, associazioni di idee e forme retoriche che toccano le emozioni, che sono diverse a seconda dei contesti e dei casi


Il Guardian ha già una portata unica nell'Europa continentale: più di 250 milioni di pagine viste nel 2022 e quasi 25 milioni di lettori unici mensili. Se questi 25 milioni di lettori regolari del Guardian costituissero uno stato, sarebbero il sesto paese più popoloso dell'Ue. Il Guardian sta ampliando la sua copertura giornalistica europea, assumendo nuovi reporter transcontinentali per l'ambiente, lo sport, la cultura e le comunità locali, aggiungendo nuovi eccezionali commentatori da tutto il continente, con un live blog europeo. 

Questo completerà il live blog sull'Ucraina, che funziona ininterrottamente da quando l'invasione russa, lo scorso febbraio, ha messo fine al periodo post-muro di Berlino dell'Europa. Questi eventi saranno una fonte per gli storici del futuro, qualunque sia il nome che si deciderà di dare a questo nuovo periodo, drammatico e pericoloso.

Naturalmente il Guardian non è solo nell'eurozona anglofona. L'edizione europea di Politico fa un ottimo lavoro, così come siti web come Voxeurop.eu, euractiv.com ed eurotopics.net. Il Financial Times è il pulpito preferito dalle élite politiche, diplomatiche e commerciali europee. I principali giornali e riviste continentali hanno già loro siti in lingua inglese.

Il Guardian sarà un attore importante, giudicato in base a criteri di quantità e qualità. Ma nelle conversazioni che ho avuto con i redattori, ci hanno tenuto a sottolineare che non stanno cercando di soppiantare nessuno. Più sono, meglio è. Ed ecco il punto: anche se questa edizione digitale europea dovesse avere un successo spettacolare, e successivamente venisse affiancata da altri grandi attori, i loro lettori mensili combinati saranno quasi certamente ancora ben al di sotto del 10 per cento della popolazione dell'Ue, e ancora meno rispetto a tutti gli europei nel complesso.

La sfera pubblica europea continuerà quindi a essere tridimensionale: più lingue individuali (che siano o meno la lingua ufficiale di uno o più stati), la "traduzione" di Eco e la lingua inglese.

Alcuni potrebbero avere da ridire – o quantomeno stupirsi – del fatto che una pubblicazione con sede nel Regno Unito post-Brexit si lanci in maniera così decisa nell'Eurosfera. È una sciocchezza. Un eccezionale insieme  di circostanze, alla fine del primo decennio degli anni Duemila, ha permesso a un gruppo di scaltri imprenditori politici di portare il paese fuori dall'Ue; quello che invece non è possibile è far uscire il Regno Unito dall'Europa o far uscire l’Europa dal Regno Unito. Geograficamente, storicamente, culturalmente e politicamente, la Gran Bretagna è sempre stata lì e lì rimarrà. 

Inoltre, se fosse stato per il Guardian, il Regno Unito non sarebbe mai uscito dall'Ue. E proprio perché non è più, dal punto di vista istituzionale, inserito nel nucleo della comunità politica europea, diventa ancora più importante intensificare ogni tipo di legame oltremanica.

Vi invito quindi ad unirvi a me nel dare il benvenuto – Bienvenue, Willkommen e Vitajte – a questa nuova grande risorsa per l'Eurosfera  e per la democrazia europea.

👉 L'articolo orignale sul Guardian

Timothy Garton Ash interviene al festival di Internazionale a Ferrara (28 settembre-1 ottobre). Il programma del festival.


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