Analisi Rivolte e democrazia

La Bielorussa, come Solidarność e l’Iran di #MahsaAmini: le rivolte che fanno “società”

La rivolta democratica in Bielorussia nell'estate del 2020, in seguito alla rielezione di Aljaksandr Lukašėnka, presenta diverse analogie con il movimento Solidarność in Polonia negli anni '80 e con le rivolte anti-regime in Iran nel 2022. Come queste ultime, non hanno portato a un cambio di regime, ma hanno lasciato un segno profondo nella società bielorussa, afferma la filosofa Olga Shparaga.

Pubblicato il 20 Dicembre 2023 alle 17:22
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In un'analisi comparativa delle proteste di massa, l’istituto V-Dem (Varieties of Democracyclassifica "la mobilitazione pro-democratica in Bielorussia nel 2020 tra le 15 più grandi e lunghe mobilitazioni in oltre 100 paesi negli ultimi 50 anni. Persino la mobilitazione ucraina del 2014 e quella venezuelana del 2017 sono inferiori in alcuni parametri a quella bielorussa".

La società bielorussa nel 2020 chiedeva la fine della violenza di Stato e riforme democratiche, cose che le proteste non sono riuscite ad ottenere. Al contrario: il regime autoritario ha rafforzato la sua posizione. I metodi utilizzati oggi dallo stato bielorusso per controllare la società presentano tratti tipici dei regimi totalitari.

Questa atmosfera repressiva aumenta il sentimento di insicurezza, ansia e paura di chi vive in Bielorussia e specularmente mostra la paura dello stesso regime, che continua a usare la violenza — simbolica e reale —  come quasi il solo mezzo di "interazione" con la società.

Società in rotta rivoluzionaria

"È un movimento o un'occasione mancata?", si chiede il sociologo Asef Bayat, che ha lavorato sulla Primavera araba e sulle recenti proteste di massa in Iran. Questa domanda ha in nuce una comparazione tra le proteste del 2022 in Iran con quelle in Bielorussia di due anni prima, e interroga anche il grado di coinvolgimento dell'opinione pubblica nelle rispettive manifestazioni e azioni.

Nei primi tre mesi successivi all'omicidio di Mahsa Amini da parte della polizia, due milioni di iraniani — donne e uomini — provenienti da tutti i segmenti della società hanno organizzato non meno di 1.200 azioni di protesta in oltre 160 città. Gli studenti degli istituti superiori e delle scuole secondarie hanno organizzato sit-in di protesta: avvocati, predicatori, professori, operai, medici e artisti hanno espresso pubblicamente il loro sostegno ai giovani e si sono uniti alle proteste.

Secondo i risultati trapelati dalla ricerca condotta dal governo iraniano nel novembre 2020, l'84 per cento degli iraniani e delle iraniane considera positivamente le proteste. I partecipanti e le partecipanti — le donne costituivano uno dei gruppi più importanti — erano mossi da una domanda di democrazia. Come nel caso della Bielorussia, la società iraniana è ancora lontana da una "situazione rivoluzionaria". Ma, secondo Bayat, è su un "percorso rivoluzionario".

Cosa significa? Che una parte statisticamente significativa della società continua a pensare, immaginare, parlare e agire nella prospettiva di un altro futuro, un futuro non autoritario per il proprio paese. 

Il rovescio della medaglia è la convinzione che prima o poi il regime al potere crollerà, che è condannato. "Per questo motivo, ogni inconveniente (ad esempio, la mancanza d'acqua) viene visto come un fallimento del regime, e ogni manifestazione di insoddisfazione (ad esempio, un ritardo nel pagamento dei salari) diventa un atto rivoluzionario. Lo status quo è considerato come un fenomeno temporaneo, e quindi i cambiamenti sono una questione di tempo", aggiunge Asef Bayat.

Bayat paragona il punto raggiunto dal "percorso rivoluzionario" nell'Iran di oggi con quello raggiunto dalla società polacca tra il 1981 e il 1989, quando venne introdotta la legge marziale come risposta al livello senza precedenti di attivismo pubblico che il movimento sindacale indipendente Solidarność aveva suscitato. Solidarność fu registrato alla fine del 1980 e, nel marzo 1981, contava già 10 milioni di polacchi e polacche iscritti. Molto importante in questo fenomeno, fu il fatto che per la prima volta, ai lavoratori e alle lavoratrici si erano uniti gli intellettuali e la Chiesa.

Secondo le parole della femminista e filosofa polacca Ewa Majewska, il catalizzatore che portò a questo risveglio pubblico fu l'opportunità di concepire, all’improvviso, il desiderio di partecipare alla politica del paese, di cambiarla, e di essere coinvolti nel processo. L'arresto, nel dicembre 1981, di 3mila tra i più attivi partecipanti a Solidarność, e il controllo totale della società stabilito dal regime polacco, portarono alla creazione di una sfera di clandestinità in Polonia, nella quale le donne giocarono un ruolo fondamentale.

Shana Penn, autrice di un saggio sul ruolo cruciale delle donne nella storia di Solidarność, la descrive così: "La clandestinità divenne una zona di frontiera tra vita privata e vita pubblica, tra passato e futuro, tra tradizione e  democrazia. Era un tipo di spazio intermedio nel quale i confini vengono cancellati, le regole si ammorbidiscono e dove avvengono cambiamenti".


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Il ruolo del “potere debole”

Secondo Majewska, il principale metodo di resistenza durante questo periodo in Polonia fu la "resistenza debole”, resistenza che aveva come caratteristiche determinanti  i “concetti impliciti” e le reti informali; inoltre, un ruolo importante era svolto da una reta di aiuto reciproco, che evitava di confrontarsi con il regime.

I simboli, così come il modo di appropriarsene,  acquisirono un'enorme importanza in questa lotta. Questa appropriazione permise ai resistenti e alle resistenti di dare un senso a ciò che stava accadendo. 

Questa forma di resistenza richiedeva perseveranza da un lato, e strategie che venivano applicate nella vita quotidiana dall’altro, piuttosto che grandi azioni o atti eroici. All'interno di queste strategie vi erano errori e debolezze, ed era fondamentale riconoscerli e analizzarli, piuttosto che cercare di nasconderli. Nel complesso, …

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