Quando si pensa al principio di un'Europa unita, è difficile non fare il paragone con gli Stati Uniti. Noi, gli europei (il preambolo della costituzione americana inizia proprio con "we, the people"), tutti concentrati sulle nostre dispute continue sulla ratifica del Trattato di Lisbona, sull'espansione della zona euro o sulla forma che deve prendere la politica estera dell'Ue, ci dimentichiamo forse che la costituzione americana è stata lo strumento che ha permesso la nascita di uno stato americano forte. In origine gli Stati Uniti erano una vaga confederazione di stati, fino al 1792 non hanno avuto una moneta comune, e per più di cento anni non avrebbero avuto una vera e propria politica estera.
Il successo dell'America si spiega non solo con la visione che ne avevano i padri fondatori, ma anche con quella degli anonimi coloni che attraversarono l'Atlantico in cerca della felicità personale (la ricerca della felicità citata nella dichiarazione d'indipendenza) o con la missione di costruire un nuovo mondo migliore. A partire da questa diversità nazionale e culturale, hanno sviluppato con il tempo un energico sentimento di unità e di identità americana.
Stremata dall'assimilazione del suo ultimo allargamento e dalla crisi economica mondiale, l'Europa è oggi divisa da interessi nazionali conflittuali e dall'assenza di una visione a lungo termine, sia a livello individuale che nazionale. Il divario che separa i centri di ricchezza e le periferie più povere si sta richiudendo con molta lentezza. I primi non ne sentono forse la necessita, mentre i secondi non hanno forse i mezzi per accelerare, o semplicemente per guidare questo processo. Accarezzando il sogno di diventare una potenza soft, l'Europa sembra dimenticare che la potenza viene dall'unità e che ha bisogno di un obiettivo, come dice il motto degli Stati Uniti: E pluribus unum, "l'unione fa la forza". T.J.
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