In Irlanda ci si preoccupa per le possibili ripercussioni interne delle decisioni che saranno prese a Bruxelles, in particolare per ciò che concerne il bailout delle banche irlandesi, il cui fallimento è all’origine della crisi economica del paese. L’Irish Independent esprime tutto il suo pessimismo:
"Il tanto atteso meeting pare fallito ancor prima di incominciare. Sembra improbabile che si raggiunga un accordo sull’argomento più importante all’ordine del giorno: l’aumento delle capacità di prestito del Fondo europeo di sostegno finanziario, da 250 a 440 miliardi di euro. Prima che un accordo simile possa essere concluso si dovrà aspettare il mese di giugno".
Fino ad allora, prosegue il giornale, la questione più importante sul tavolo resta quella delle banche, alla vigilia di una nuova serie di stress test che intende mettere alla prova la loro effettiva capacità di reggere agli shock finanziari:
"Gli stress test potranno dimostrare che ulteriori perdite da parte delle banche irlandesi sarebbero troppo pesanti, anche con i 35 miliardi di euro allocati dal piano di salvataggio di Ue e Fmi".
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Il quotidiano polacco Dziennik Gazeta Prawna evoca lo spettro di un’Unione a due velocità imposta dall’alto, con la zona euro destinata a trasformarsi in un’unione fiscale, mentre gli stati che non ne fanno parte rischiano di perdere peso nella politica economica dell’Ue:
"Al vertice di oggi sarà ufficializzata l’unione economica della zona euro. Gli artefici di questo patto sono la Germania e la Francia, che insistono sul fatto che questo è l’unico mezzo per superare la crisi del debito".
Secondo un esperto citato dal quotidiano di Varsavia, l’accordo è semplice:
"La Germania acconsente a salvare gli stati membri che rischiano il default. In cambio, i paesi debitori dovranno rinunciare a una parte della loro sovranità. Alcuni paesi – come Svezia e Regno Unito – si preoccupano che l’Europa possa avviarsi verso una forma di capitalismo iper-regolato. Altri paesi, come Polonia, Danimarca, Lituania, Bulgaria e Romania, vogliono entrare nel Patto per l’euro per non essere emarginati dall’Ue".
È proprio questo il rischio segnalato dal quotidiano romeno Jurnalul National, che mette in guardia contro il pericolo che il Patto per l’euro sia oggetto di malinteso da parte dei paesi che non hanno la valuta comune – come Svezia, Romania o Polonia – e che potrebbero essere tentati di considerarlo un surrogato dell’adesione all’euro:
""La Romania deve continuare a essere prudente […]. L’interesse del paese è di colmare le differenze con l'Europa occidentale. I nostri salari sono pari a un quinto rispetto a quelli dei paesi dell'ovest e l’inflazione è la più alta dell’Ue. Questo patto si traduce in un’ondata di austerity dopo l’altra, nella difficoltà a ricomporre le differenze tra i paesi membri in tema di investimenti nelle infrastrutture e perfino nella diminuzione della capacità di assorbimento dei fondi europei".
Aftonbladet esterna i dubbi comuni a tutta la Svezia, indignandosi per l’ulteriore ingerenza delle istituzioni europee negli affari interni dei paesi membri prevista dal Patto per l’euro, in particolare per quanto riguarda i salari:
"La proposta di coordinare le economie europee conferisce alla Commissione anche il diritto di sovrintendere all’evoluzione dei livelli salariali. Ciò è inaccettabile. I salari svedesi sono frutto di accordi tra dipendenti e datori di lavoro e non devono essere decisi né a Bruxelles né a Stoccolma. Ma la proposta non è pessima soltanto per la Svezia: lo è per l’Europa intera".
Iper-regolamentazione, ingerenza, ma anche mancanza di democrazia, nota Der Standard. Il quotidiano viennese calcola che le nuove regole in discussione a Bruxelles influiranno sulla vita degli europei, senza peraltro che questi ultimi siano interpellati in proposito:s :
"Tutto inizia con la necessaria riforma dei trattati europei, che sarà attuata tramite una 'procedura semplificata' per evitare altri referendum. Parallelamente, in caso di interventi di salvataggio in extremis, i ministri delle finanze decideranno a porte chiuse. Con il concorso del Parlamento Europeo? No, perché non è il benvenuto. Sotto il controllo della Corte dei conti, allora? Non è necessario. In ogni caso si tratta di appena 500 miliardi di euro. Di fronte a una simile interpretazione della democrazia, non dobbiamo stupirci se i demagoghi hanno il vento in poppa".