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Vaccino e green pass in Italia: l’odissea dei sans-papiers

Mancanza di dati, nessuna direzione chiara e vincolante sulla documentazione richiesta, e nessun budget: la performance dell'Italia sull'accesso alla vaccinazione contro il Covid-19 per le persone straniere senza documenti risulta “confusa”.

Pubblicato il 12 Aprile 2022
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È la fine di settembre 2021 quando Katy (il nome è di fantasia) si scopre il braccio sinistro, con un misto di paura e speranza. “All’inizio pensavo stessero sperimentando su di noi, non volevo vaccinarmi”, spiega, “ma poi ho capito che serviva, per me e per la mia famiglia”. Seduta in uno degli enormi teatri di posa di Cinecittà, la cittadella del cinema alla periferia orientale di Roma, convertito da alcuni mesi in centro vaccinale, Katy chiude gli occhi per un istante.

Non vede l’ora di scaricare il suo primo green pass, di tornare a prendere l’autobus e a cercare lavoro. Di lasciarsi alle spalle, per qualche ora, i corridoi silenziosi e le stanze sovraffollate del palazzo occupato di via Sambuci. L’appartamento di 30 metri quadrati in cui è rimasta chiusa per troppo tempo, dall’inizio della pandemia di Covid-19, con i tre figli, il marito, la madre e la suocera. 


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Katy scopre presto che però, per il Ministero della Salute, il suo file non esiste. O almeno non con i dati con cui si è vaccinata. Priva di documenti di soggiorno, la trentunenne peruviana è riuscita a prenotare la vaccinazione tramite un codice STP(straniero temporaneamente presente).

Una sorta di tessera sanitaria temporanea, di durata semestrale, che dovrebbe garantire quell’accesso universale alla salute previsto dalla Costituzione italiana, anche agli stranieri senza documenti e quindi non iscritti al sistema sanitario nazionale. 

Nel 2020, grazie all’arrivo del terzo figlio, il primo nato in Italia, Katy aveva ottenuto un permesso di soggiorno per maternità, a cui è associato un codice fiscale. “E’ l’unico documento che ho avuto in più di quattro anni in Italia, ma è durato solo sei mesi”, racconta la donna mentre passeggiamo nel cortile del palazzo in cui vive insieme a circa 300 persone. Una struttura per uffici in vetro e acciaio, nel cuore di quella che negli anni Novanta era soprannominata Tiburtina Valley, sogno - oggi infranto - di un polo romano per l’industria hi-tech.

Tornata nell’irregolarità, nonostante i due figli vadano a scuola e sia lei che il marito abbiano lavorato, Katy può vaccinarsi solo utilizzando un codice STP. Nel database ministeriale però, il suo nome è ancora associato ad un codice fiscale. Ci vorranno così quattro mesi, da settembre a gennaio 2022, e l’intervento dell’organizzazione umanitaria Intersos, per permetterle di scaricare il pass vaccinale. 

Il caso di Katy non è isolato. Operatori umanitari, medici e funzionari pubblici confermano che, per gli oltre 500mila stranieri in condizione irregolare presenti in Italia (la Fondazione ISMU parla di 517mila persone a gennaio 2020), vaccinarsi e soprattutto ottenere il green pass, che dall’agosto 2021 è condizione indispensabile per accedere a una serie di servizi di base, è stata e continua ad essere una corsa ad ostacoli. 

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